Astylos di Kroton

antichi atleti

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Il primo mercenario

Di questi tempi va molto di moda scagliarsi contro le Olimpiadi, accusandole di costituire solo un circo legato alla politica e al denaro, nonché di prestarsi a mera vetrina globale per tutti i nazionalismi, sportivi e non.

Questi rilievi, con tutta evidenza in parte fondati, ma in misura ben più ampia ingenerosi e miopi, finiscono per mettere in ombra gli enormi sforzi e la fatica profusa da migliaia e migliaia di atleti, che per quattro anni si allenano per l’appuntamento olimpico, nella stragrande maggioranza lontani dai riflettori, e spesso attraverso personali e rilevanti sacrifici economici.

Considerare le Olimpiadi moderne da una prospettiva tanto angusta, significa inoltre ignorare o, peggio ancora sottacere, che gli stessi difetti insidiavano e colpivano le Olimpie originarie (e gli altri Giochi dell’antichità), le quali erano ben lontane dal costituire una mitica e vagheggiabile Età dell’Oro, in cui si gareggiava per la palma del vincitore e per la pura gioia del concorrere.

Semplicemente, anche le Olimpie antiche erano il momento in cui i migliori atleti, del mondo greco prima e mediterraneo poi – nei secoli dell’impero romano – , si ritrovavano nella piana alla confluenza dei fiumi Kladeos e Alphéios (o, in diverse occasioni, a Delphi, a Korinthos e a Nemea) per confrontarsi in un variegato insieme di gare, in teoria prive di premio materiale. Spesso con onestà e lealtà, talvolta con imbrogli e trucchi più o meno evidenti, ma sempre con valenze sociali e soprattutto politiche che con il culto della deità e la sacralità etico-religiosa avevano molto poco a che spartire. Aspetto, questo, che non solo non escludeva, ma spesso anzi implicava un uso più o meno scoperto di incentivi concreti e del tanto esecrato (a parole) denaro.

Emblematico il caso di uno dei più famosi sprinter (per usare una locuzione moderna) dell’antichità.

Astylos nacque sul finire del V Secolo a.C. a Kroton, importantissimo centro calabro della Magna Grecia, celebre in quegli anni come patria del grande Milon, invincibile pancraziaste e condottiero della città nella vittoriosa guerra contro Sibari.

I successi per Kroton

A Kroton era da secoli operante una scuola ginnica estremamente competitiva, di cui i crotoniati andavano oltremodo orgogliosi, intrecciandone le radici alla leggenda stessa della fondazione della città. Secondo il mito, Kroton era stata infatti voluta da Heraklès e protetta da Apollo, che mentre aveva concesso ai coloni sibariti la ricchezza, aveva infuso nei crotoniati vigore e prestanza agonistica. Inevitabile che sin dalle origini si fossero diffuse tra gli abitanti la meticolosa cura del corpo e il desiderio di partecipare alle gare più importanti dell’Ellade antica. Già nella diciottesima Olimpiade del 704 a.C, cinque soli anni dopo la fondazione della città, il crotoniate Plautos aveva così potuto trionfare nella gara del pugilato, dando inizio ad una lunghissima serie di vittorie nei maggiori Giochi greci.

Nel campo più propriamente concernente l’atletica, solo pochi anni prima di Astylos, la scuola di Kroton aveva già prodotto campioni del calibro di Isomachos (vincitore dello Stadion, la distanza più breve, corrispondente a circa 192 m, nelle Olimpie del 508 e 504 a.C.) e di Tisikrates (trionfatore sulla stessa distanza  nelle Olimpie del 496 e 492 a. C.).

Come ogni giovane greco nato libero, Astylos ricevette quindi un’educazione improntata all’esercizio fisico e strettamente legata alla ricerca dell’eccellenza nel mondo ellenico. Il trionfo olimpico, ed in misura minore quello ottenuto negli altri Giochi Sacri dell’archáia periodós (il circuito antico), i Pitici, gli Istmici e i Nemei, significava per il vincitore la fama di favorito dagli dei, e per la sua città un prestigio unico in tutto l’universo greco. La vittoria ad Olympia portava con sé un valore incalcolabile per il singolo e per la polis, equivalente o spesso superiore ad una vittoria ottenuta in battaglia: nihil sub sole novum, come si può vedere, con buona pace dei critici e dei puristi moderni.

Nelle settantatreesime Olimpie del 488 a.C., Astylos conquistò la vittoria nelle gare di stadion e di diaulos, la distanza doppia, e compì un’impresa che, se nei Giochi antichi era già rare volte riuscita, ai nostri giorni è appannaggio solo del mitico Michael Johnson, trionfatore nei 200 e nei 400 m nel 1996 ad Atlanta, e di due immense atlete come Valerie Brisco-Hooks (nel 1984 a Los Angeles) e Marie-José Pérec (ancora nel 1996).

Si può solo vagamente immaginare cosa comportasse per un cittadino greco la vittoria olimpica. Sul piano materiale non si hanno, per quegli anni, cifre precise, ma di sicuro già ai tempi di Solone, circa un secolo prima, ad un Olimpionico venivano corrisposte dalla municipalità cinquecento dracme, quando una pecora (in una società in cui la pastorizia rivestiva un valore fondante) veniva venduta per una dracma. A prescindere, ovviamente, dai benefit e dagli onori correlati: il vincitore veniva mantenuto vita natural durante dallo stato, poteva assistere alle gare dalla prima fila, veniva eternato da poeti e artisti e aveva accesso ad ogni sorta di celebrazione. Tanto per fare un esempio, l’agrigentino Exaneitos, vincitore nei Giochi del 412 a.C., fece rientro ad Akragas con un corteo comprendente trecento quadrighe trainate da cavalli bianchi. Roba da far morire di invidia un cestista della NBA, o un Lionel Messi.

Astylos non ebbe poi tanto meno: in suo onore venne eretta nell’Altis, la parte più sacra di Olympia, una statua, opera del grande Pythagoras di Rhegium, e il sommo poeta Simonides compose per lui un epigramma. Il suo nome divenne famosissimo in tutto il mondo greco… ed ebbe inizio nei suoi confronti un’opera di seduzione neanche troppo sottile.

Il tradimento agonistico

Gelon, il maggiore dei Dinomenidi, era dal 485 a.C. il Tiranno di Syracusae, centro siculo in lotta con Kroton per l’egemonia sulla Magna Grecia dell’Italia Meridionale. Non risulta essere stato un uomo particolarmente dispotico, e si guadagnò anzi la fama di governante giusto e capace, portando  Syracusae ad un alto livello di benessere e prosperità. Tuttavia, Gelon si trovava a detenere un potere più ampio di quanto mai accaduto ad un greco fino a quel momento, e doveva costantemente misurarsi con questo stato di cose. Alla sua notevole intelligenza politica non poteva quindi sfuggire il prestigio che una vittoria olimpica avrebbe conferito al suo ruolo.

Nulla di meglio perciò che accaparrarsi l’ultimo vincitore delle due corse sull’Alphéios, sottraendolo per giunta all’invisa Kroton. Come spesso accade, più dell’amor patrio poté il denaro: Astylos, senza colpo ferire, passò armi e bagagli  sotto la bandiera della ricca Syracusae.

Fu così che quando, nel 484 a.C., l’atleta bissò i suoi successi, vincendo per giunta anche la corsa degli opliti (una gara durissima, effettuata indossando la panoplia, ossia l’intero armamento da guerra), lo fece non per la città natia, ma per quella che lo aveva pagato di più e meglio, giustificando in tal modo il legittimo orgoglio del lungimirante Gelon e sostenendone con rara efficacia la posizione di governo.

Il voltafaccia agonistico e, cosa ancor più importante, politico di Astylos scatenò di contro la comprensibile ira dei suoi concittadini. I crotoniati si vendicarono ferocemente, demolendo la statua che gli avevano eretto a Kroton e riducendo come pubblica umiliazione la sua casa a carcere cittadino. Neanche la sua famiglia si dimostrò del resto particolarmente entusiasta e (anche per limitare nel possibile i danni) ruppe i rapporti con lui. Tutte misure drastiche, ma che rivelarono scarsa efficacia, e non impedirono all’atleta di vincere le tre gare anche nei successivi Giochi del 480 a.C., e di eguagliare (ed anzi superare, grazie alla corsa degli opliti) il record stabilito tra il 664 e il 656 a.C. dallo spartano Kionis,  per tre volte consecutive vincitore in stadion e diaulos.

Astylos entrò così di diritto nella storia come uno dei massimi atleti dell’antichità. E, in modo molto meno lusinghiero, come primo esempio di mercenario dello sport.

Danilo Francescano
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