Margaret Abbott

Margaret Abbott

Margaret Abbott

 

Campionessa per caso

È stata la campionessa più inconsapevole della storia. Su di lei non c’è molto da raccontare. Una piccola vicenda incentrata su una medaglia che in realtà non ha mai ricevuto. Vincitrice riabilitata post-mortem.

Nient’altro che un aneddoto curioso, una leggenda affascinante lasciata in eredità ai posteri. Su quella partita di golf gli storici dello sport hanno calibrato il senso della sua esistenza, etichettandola come la prima donna americana a vincere un’Olimpiade.

Ferma in un attimo perduto, istantanea di un tempo che non esiste più, come nella fotografia che la ritrae vestita di bianco, con un cappellino alla francese calcato sul capo, lievemente inclinata verso il basso nell’atto di colpire la pallina. Come in un quadro di Monet, Margaret Abbott ci appare simile alle tante dame parigine ritratte dal pittore durante le loro colazioni sull’erba. D’altronde il suo abbigliamento suggerisce qualcosa di ben diverso da un incontro sportivo.

«Le donne apparentemente non avevano compreso la natura del gioco», sostengono gli storici «si presentarono al torneo con gonne strette e tacchi alti. Questa era la concezione dello sport all’epoca, si trattava di un semplice svago. Al confronto la Abbott era vestita in modo molto più appropriato e infatti arrivò in finale».

Rimane un’immagine in bianco e nero, sgranata, dalla quale sembra fuoriuscire tutta la luce che inondava quel pomeriggio di inizio ottobre.

Una medaglia inconsueta

Margaret Abbott è circondata da donne eleganti e uomini baffuti dagli alti cappelli; più che a un torneo di golf ha tutta l’aria di partecipare a un ricevimento. Una partita disputata per gioco, per noia, per passare il tempo, che ha consacrato la sua fama: oggi la definiscono una pioniera dello sport femminile. Le sue intenzioni non erano certo tali. Per molto tempo le donne erano state escluse dallo sport olimpico: addirittura non era neppure consentito loro di partecipare alle competizioni.

Nel 1900 si assistette alla prima rivoluzione in tal senso, quando furono aperte alle donne le gare di tennis, croquet e golf. Considerate attività sportive minori, più “casalinghe”, che non richiedevano un gran dispendio di forze e di energie. Sport più simili a svaghi, distanti dalle vere e proprie sfide, che secondo la logica del tempo le donne potevano comodamente praticare in giardino, vestite con i loro abiti ingombranti, senza rinunciare a un grammo di grazia e femminilità. La Abbott non intendeva compiere nessuna rivoluzione, forse da questo punto di vista definirla una “pioniera” sarebbe inappropriato. A lei le cose stavano bene come stavano, non voleva cambiarle.

Margaret, detta Peggy, aveva ventidue anni. Si trovava a Parigi con la madre, la scrittrice Mary Ives Perkins, per un soggiorno di formazione, come si addiceva alle ragazze dell’alta società dell’epoca. Studiava arte, e non aveva altro da fare se non partecipare ai party e attirare gli sguardi imparando le regole e lo stile del corteggiamento. In questo contesto culturale ebbe la possibilità di incontrare alcuni tra i più grandi artisti dell’epoca, tra cui Edgar Degas e August Rodin. A volte giocava a golf con gli altri americani espatriati o con amici francesi. Sapeva dare sfoggio di sé e il golf era uno dei suoi punti forti: riusciva a vincere con un’abilità schiacciante.

Aveva già trionfato in numerose competizioni locali e regionali a casa, a Chicago. Le sue performances abbagliavano il pubblico. Era stata definita dai giornali cittadini «un’avversaria feroce, ma affascinante».

In quest’ottica il golf, più che uno sport, appariva come uno strumento di conquista, un affare privato.

Le donne e il golf

Le donne e il golf

 

In un giorno d’estate del 1900, Peggy lesse sul giornale un annuncio: si cercavano partecipanti per un torneo di golf a nove buche nella cittadina di Compiègne, ottanta chilometri a nord di Parigi. Decise di prendersi una pausa dagli studi e incoraggiò gli amici francesi a fare lo stesso. Avrebbe partecipato alla prima competizione olimpica femminile, ma non poteva saperlo. Il 4 ottobre del 1900 la competizione ebbe inizio. Il torneo fu chiamato “Prix de la ville de Compiègne” e vi parteciparono un totale di ventidue golfisti.

Un affare di famiglia

Per l’occasione Peggy decise di trascinarci anche la madre Mary, giocatrice meno esperta. Mary Ives Abbott era una scrittrice discretamente famosa all’epoca: il suo primo romanzo, Alexia, fu pubblicato nel 1889. Fu seguito dalla più fortunata saga dei Beverleys: a story of Calcutta, una vicenda dai tratti autobiografici; per scriverla Mary trasse spunto dagli anni trascorsi in India con il marito e i tre figli. Il successo ottenuto con le sue pubblicazioni aveva permesso alla Abbott di scalare i vertici dell’alta società di Chicago.

Forte della sua popolarità, aprì a sua volta un salotto letterario e qui entrò in contatto con Charles Blair MacDonald, considerato il padre del golf amatoriale americano. Fu questo bizzarro personaggio a introdurre lei e la figlia Margaret al nuovo gioco del golf. Per una fortuita serie di circostanze fu la prima e unica volta nella storia che madre e figlia parteciparono alla stessa gara olimpica.

Nessuna delle due conosceva il vero valore di quella competizione. Margaret arrivò prima, con un punteggio di 47 colpi; mentre Mary si guadagnò il settimo posto, l’ultimo. La seconda e la terza posizione furono assegnate rispettivamente a Miss Pauline Whittier del St Moritz Golf Club e all’americana Mrs Daria Huger Pratt.

Fu l’ultima competizione olimpica di golf femminile per oltre 116 anni: la specialità infatti sarà riabilitata più di un secolo dopo con le Olimpiadi di Rio de Janeiro. Un secondo torneo di golf maschile fu inaugurato nel 1904, mentre la gara femminile fu cancellata a causa della scarsità di partecipanti.

Un intenso primo piano di Margaret

Un intenso primo piano di Margaret

 

Il lato più curioso della vicenda è tuttavia costituito dal premio assegnato al vincitore, o meglio, alla vincitrice. Non erano previste medaglie per le donne; in perfetta conformità con la mentalità dell’epoca, si riteneva più utile che fossero ricompensate con un oggetto d’arredamento per ornare la casa.

Così Margaret Abbott, prima vincitrice dell’Olimpiade moderna, fu ricompensata con (attenzione!) un’antica ciotola di porcellana sassone cesellata d’oro. Senza dubbio il premio più degradante della storia e, allo stesso tempo, il più emblematico per denunciare la disparità tra i sessi: agli uomini medaglie, alle donne ciotole di porcellana.

Era stata la legittima vincitrice di una competizione olimpica e, di fatto, meritava l’oro. Ma non seppe mai del suo trionfo.

Una riabilitazione postuma

La verità è che Margaret Abbott ha poi semplicemente continuato la sua vita, che non era certo la vita di una campionessa, ignara di tutto ciò. Due anni dopo la sua vittoria a Parigi, Margaret sposò l’autore Finley Peter Dunne, il creatore del celebre personaggio satirico Mr. Dooley. Madre di quattro bambini, continuò a giocare a golf solo per proprio diletto. Morì a 77 anni, il 10 giugno 1955. Persino i suoi figli non avevano mai saputo che la loro madre era stata la prima campionessa olimpica americana, finché non ricevettero la telefonata di Paula Welch, dall’Università della Florida.

«Ho trascorso più di dieci anni» ha sostenuto la Welch, «a ripercorrere nel dettaglio la storia della Abbott. Non ha mai saputo di essere una vera campionessa. Questa donna ha rappresentato un pezzo della storia olimpica. Le persone hanno il diritto di saperne di più».

Ora finalmente le persone lo sanno.

Margaret Abbott è stata una delle undici atlete che hanno partecipato alla prima competizione olimpica del 900 e la sua vittoria ha costituito un risultato storico per lo sport femminile.

Campionessa per caso, ha ottenuto la riabilitazione che meritava.

Alice Figini
© Riproduzione Riservata

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