Jimmy Demaret

Jimmy Demaret

Jimmy Demaret

 

L’icona del golf

Nell’immaginario collettivo permangono concezioni fortemente radicate. Pensando a uno sport come il golf si tende ad associare un solo stereotipo di giocatore: ricco, serio, equilibrato, magari anche un po’ arrogante.

James Newton Demaret, conosciuto da tutti come Jimmy, non corrispondeva a nessuno di questi canoni: anzi, ne personificava l’estremo opposto. La sua originalità e i suoi gusti eccentrici fecero storia, riusciva ad infondere buon umore con il suo primo sorriso, quella sua aria informale, ironica, a volte quasi impacciata, trasmetteva allegria a chiunque. Ricco non lo era mai stato, piuttosto lo diventò, ma i soldi non sembravano interessargli più di tanto.

Sfatò uno ad uno tutti i pregiudizi della categoria. Demaret era un grande giocatore: fu il primo golfista ad ottenere tre vittorie nei Campionati Masters, ma il suo talento rimase sempre in secondo piano, oscurato dalla spiccata personalità che ancora oggi si associa al suo nome. Quel suo essere sempre fuori dagli schemi gli conferiva una fama un po’ di artista che mal si accordava alla sua effettiva professione, sembrava piuttosto che su quel campo da golf ci fosse capitato per caso. Cantante, ballerino di swing, sarebbe stato anche un ottimo stilista: i suoi abiti stravaganti lasciavano a bocca aperta gli spettatori e di tanto in tanto incoraggiavano perfino audaci imitazioni. Sapeva distinguersi per natura; brillò come la stella più fulgida del golf mentre infuriavano i tumulti della seconda guerra mondiale. Il mondo era scosso dal progredire del conflitto, echeggiavano in ogni dove esplosioni di artiglieria, ma lui riusciva a trovare l’equilibrio sostenendosi alla mazza da golf. Bastavano pochi colpi ben assestati e la pallina sarebbe rotolata dritta nella buca, con facilità; era un movimento eterno, unico, incorruttibile, che riportava alla memoria l’incessante rotazione terrestre sul proprio asse.

Come a dire che tutto, alla fine, sarebbe andato bene.

Il golf durante la guerra

Nato nel 1910, Jimmy visse sulla sua pelle le atrocità di quel secolo sanguinario. Imparò fin da bambino a fare i conti con le ristrettezze, a capire che i momenti difficili non arrestano il corso della vita, ma spingono a cercare nuove forze. Era il quarto di nove figli, ben presto gli fu chiaro che per sopravvivere era necessario lavorare sodo. I piccoli Demaret conoscevano la meraviglia che può suscitare un piatto pieno a fine giornata, avendone visti così pochi. Spesso lui e i suoi fratelli venivano dati in affido ad altre famiglie perché gli fosse assicurato un pasto caldo. Bisognava tenere duro e andare avanti, così Jimmy abbandonò presto la scuola per aiutare economicamente la famiglia: racimolò i primi guadagni lavorando come lustrascarpe, poi caso volle che lo pagassero per trasportare mazze da golf. Un’esperienza che forgiò radicalmente il suo carattere e le sue aspettative per il futuro. «Quando soffri in questo modo durante l’infanzia», ricorda oggi la figlia Peggy «senza sapere quando sarà il tuo prossimo pasto e se ci sarà. Forse impari a far tesoro delle poche cose che hai».

A sedici anni Demaret lavorava nell’esclusivo club di Houston, il River Oaks CC, alle dipendenze di Jack Burke Senior. Occupazione che lo abituò ad adattarsi alle mansioni più svariate, dalla pulizia dei campi da golf all’inconsueta attività di babysitting al figlio di Burke, con il quale nacque un’amicizia destinata a durare tutta la vita. Diventarono soci in affari e Mike, nipote di Burke Senior, fu assunto da Demaret come consigliere finanziario una volta ultimati gli studi universitari. «Jimmy era estremamente generoso, non gli importava del denaro». Racconta Jack Burke Jr. «Offriva sempre una pinta di birra a tutti al bar, non lo fece solamente in un’occasione, quando comprammo un nuovo equipaggiamento per il club. Avendo sborsato oltre diecimila dollari in una giornata, preferì trattenersi».

Il lavoro nel club si rivelò utile, se non altro potenziò il fisico del giovane Demaret; in particolare i suoi avambracci che acquisirono una forza straordinaria, proprio come quelli di un fabbro. Lui, però, era fervido sostenitore di un bizzarro genere di allenamento: ballare lo swing. Sosteneva che quello fosse il solo metodo infallibile per tenersi in forma.

Jimmy sul campo

Jimmy sul campo

 

Il suo primo trionfo nel golf avvenne nel 1934, quando vincendo guadagnò la sua paga da campione dilettante: venticinque dollari. La vittoria più importante per la sua carriera la ottenne nel 1938, a San Francisco, nel campionato per il titolo nazionale. Jimmy riuscì a battere Sam Snead, fu una rivelazione. Da allora i suoi trionfi si susseguirono inarrestabili: vinse ben nove campionati nel 1940 e sette nel 1947, classificandosi come il giocatore più pagato del PGA Tour. Collezionò una media di trentun vittorie ai massimi livelli prima del ritiro, ma a fare la sua leggenda furono i tre titoli nei Campionati Masters. Fu il primo golfista a siglare un tale record, per questo motivo venne inserito nella PGA Golf All of Fame nel 1960.

La seconda guerra mondiale lo allontanò dal campo, non dalla sua passione: trascorreva il tempo nello stabilimento della Marina Militare, a Corpus Christi in Texas, ufficialmente arruolato nell’esercito, praticamente giocando a golf. «Ogni guerra ha il suo motto», era solito dire «c’è stato Ricorda Alamo”, poi “Ricorda Pearl Harbour” il mio slogan personale era: Questa è da giocare, ammiraglio».

Naturale che, terminato il conflitto, Jimmy tornasse sul campo per continuare a vincere.

A cinquantatré anni fu proclamato “il più anziano vincitore di un campionato di golf” quando sconfisse il ventottenne Tom Jacobs a Palm Springs. Non si stupì della vittoria, anzi, dichiarò che era un fatto scontato visto che era lui il giocatore con più esperienza.

L’amicizia con Ben Hogan

Nel 1948 Demaret infranse il record degli U.S. Open totalizzando 278 punti, ma fu sconfitto da Ben Hogan. Erano i golfisti migliori dell’epoca, di conseguenza fra loro sembrava destinata a nascere una rivalità accanita, invece accadde l’esatto contrario. Jimmy non aveva nemici, non rientrava nella sua indole. Anziché Demaret contro Hogan il pubblico si abituò presto a dire Demaret e Hogan: divennero un duo formidabile, in più occasioni anche compagni di squadra. Hogan era taciturno e introverso, per questo apprezzava la compagnia di Jimmy, che era il suo opposto in tutto. L’uno calcolatore e riservato, l’altro estroverso e colorato. In quel periodo Jimmy era conosciuto con un soprannome poi reso celebre: “Il guardaroba”, le sue eccentriche mise e i suoi cappelli esotici fecero tendenza. Fra i capi più imitati c’erano dei completi blu elettrico e giallo canarino: tinte sgargianti in grado di portare a gennaio la luminosità di un mese estivo. Demaret aveva un senso del colore molto particolare, coltivato negli anni osservando suo padre che, per mantenere più a lungo la vernice, mischiava le pitture. «Così ho imparato che i colori portano vita alle cose» affermò in un’intervista.

Per lui l’accostamento delle tinte aveva un’importanza vitale, il pubblico spesso era più incuriosito dal suo stile piuttosto che dal risultato del match. «Spesso sentivo la gente domandarsi: chissà cosa indosserà oggi?», rammenta divertita la figlia Peggy. Per completare il tutto e non smentire la sua affermazione sui colori, Jimmy convolò a nozze con la bella Idella Adams, donna che non passava inosservata grazie alla sua folta chioma rosso fuoco.

Lo stile di gioco di Jimmy non aveva nulla da invidiare al suo vestiario. Aveva sviluppato una straordinaria abilità tattica sfidando i venti del Texas, elaborando un metodo che gli consentiva di avere un perfetto controllo della palla. Camminava con piccoli, brevi passi, aveva una falcata ritmata tutta sua e preferiva colpire la pallina da lunghe distanze. Batteva sempre da sinistra a destra e fu questo particolare ad attrarre l’attenzione di Hogan. «Ben ha copiato il gioco di Jimmy», sostenne Burke «non si sarebbe mai ritagliato una carriera se non avesse cambiato i movimenti».

Jimmy con Ben Hogan

Jimmy con Ben Hogan

 

Da parte sua Hogan fu sempre riconoscente all’amico, più volte disse che era il miglior giocatore che avesse mai visto. Di fatto, però, l’ascesa sportiva di Hogan riuscì ad eclissare il talento di Jimmy.

Memorabili furono, ai tempi, i frequenti bisticci fra i due. Demaret amava la vita notturna, aveva un’ottima voce baritonale e spesso lo si poteva trovare nei locali a tirare l’alba dando spettacolo. «Vivi adesso», era solito ripetere «poi sarai morto per un tempo interminabile». Opinione non condivisa dal collega, che questo suo vizio proprio non lo poteva soffrire. Montò su tutte le furie Hogan quando Jimmy si presentò all’Inverness Club di Toledo con la barba incolta e gli stessi vestiti del giorno precedente. Demaret non ci badò, disputò la sua partita facendo birdie alla prima, alla quarta e alla sesta buca. Dopodiché si voltò verso Ben con un sorriso e gli disse: «Penso di averti portato fin dove potevo. Ora sono stanco, è il tuo turno».

Jimmy dedicò un libro a questi episodi e alla memoria dell’amico, pubblicato nel 1954, dal titolo: “My Partner, Ben Hogan” pagine che raccontano senza minimizzarla la carriera di Ben e l’indissolubile sodalizio tra due campioni.

L’ultima buca

Ufficialmente Jimmy Demaret si ritirò dalle competizioni nel 1963, in realtà non smise mai veramente di giocare. Continuò a lavorare come commentatore televisivo e come co-conduttore dei primi programmi dedicati al golf, fra cui il celebre Shell’s Wonderful World of Golf. Si occupò della formazione di promettenti campioni e giovani talenti, restando sul campo con la mazza da golf in pugno fino all’ultimo respiro. Un infarto lo stroncò all’età di settantatré anni, mentre percorreva con l’amico Jack Burke il campo da golf appena progettato. Non gli fu concesso il tempo di giocare quell’ultima partita.

C’era una buca poco lontano in cui avrebbe voluto segnare il suo prossimo punto.

Alice Figini
© Riproduzione Riservata

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