L’aria sul viso

La proiezione a Bergamo

La proiezione a Bergamo


 

Il film che racconta Martina Caironi

Due compagni di classe alle medie: alla ricerca delle proprie passioni, a scegliere gli amici che si pensa dureranno per sempre, a giocare secondo le convenienze a fare l’adulto o il bambino. Basteranno le scuole superiori a sparigliare le carte. Ma ci si può ritrovare, e magari si possono stringere sodalizi maturi.

Martina Caironi e Simone Saponieri si persero di vista al liceo, ma si sono ritrovati due anni fa, l’uno regista in erba e l’altra affermata campionessa paralimpica, per le strade di Bergamo.

Rispetto alle medie Martina ha una gamba in meno, quella sinistra: un pirata della strada l’ha costretta all’amputazione. Quello che lei è riuscita a fare senza la sua gamba sinistra è cosa nota: ad oggi, è la donna con protesi più veloce al mondo, capace di correre i 100 metri in 14’ e 61”. È medaglia d’oro nei 100m T42 a Londra 2012 e Rio de Janeiro 2016, argento nel salto in lungo a Rio de Janeiro, campionessa mondiale nei 100m, è stata vicecampionessa mondiale di salto in lungo, portabandiera a Rio2016, membro della Giunta del Comitato Nazionale Paralimpico Italiano, una lunga serie di onorificenze e sponsorizzazioni.

Simone Saponieri era alla ricerca di una “storia da film”:
«Una mattina fuori da un supermercato a Bergamo, nostra città natale, incontrai suo padre. Mi raccontò di lei, mi anticipò che forse, se tutto fosse andato per il verso giusto, sarebbe andata alle Paralimpiadi di Rio de Janeiro. È lì che è nata in me l’idea di raccontare questa storia attraverso un film documentario».

Le gambe di Martina Caironi

Le gambe di Martina Caironi

 

Prodotto da Oki Doki Film e distribuito da Movieday, L’aria sul viso è uscito nelle sale dal 21 febbraio 2018, con la prima proiezione a Bergamo. Ha fatto tappa a Milano e Bologna, è atteso a Roma e Poggibonsi e può arrivare su richiesta in qualsiasi città previa organizzazione con Movieday, cliccando su “organizza una proiezione“.

Vi è documentato il percorso sportivo e umano che ha portato l’atleta alla Paralimpiade del 2016, attraverso filmati dell’infanzia, voci di amici e clip girate in autonomia dalla stessa Martina Caironi.

Il titolo, scelto da Saponieri, deriva da un’intervista degli esordi della velocista:

«Qualsiasi articolo o intervista leggessi, qualsiasi video guardassi, quello che più mi colpiva era la straordinaria solarità e leggerezza di Martina. La stessa leggerezza di quell’aria che, con grandi sforzi e sacrifici suoi e della sua famiglia, è tornata a sentire sul proprio viso grazie a una protesi per correre. E’ stata proprio lei ad aver raccontato l’emozione dell’aria sul viso, in un’intervista rilasciata agli inizi della sua carriera da atleta».

Cosa significa raccontare Martina sullo schermo?

«Per me significa innanzitutto raccontare la persona, la sua forza, la sua gioia di vivere. Significa raccontare anche i mondi a lei collegati, quali lo sport e la disabilità. Sono mondi fondamentali del suo universo, visti attraverso la sua lente. Il minimo comune denominatore dei due mondi è rappresentato dalla sfida. Per lei non c’è nulla d’impossibile, nello sport come nella vita di tutti i giorni».

Ci dica Saponieri: Martina era una di quelle compagne di classe che lasciavano copiare?

«Sì, decisamente. Martina è sempre stata generosa, sin da ragazzina!».

Qual è stata la prima volta in cui ha rivisto la sua compagna di classe senza gamba e cosa ha provato?

«Dopo le scuole medie ci siamo un po’ persi di vista, complice l’iscrizione al Liceo in due classi diverse. Dopo l’incidente passò un po’ di tempo prima che rivedessi Martina, in un giorno qualsiasi, in un bar a Bergamo. Fu un’emozione forte rivederla lì, con il suo sorriso di sempre».

Martina è diventata straordinariamente popolare, nonostante non sia un calciatore e nonostante le protesi: finanziare un documentario su di lei è stato semplice?

«Trovare i fondi per realizzare un documentario non è mai semplice. In questo senso, e non solo, è stato fondamentale l’apporto della casa di produzione, Oki Doki Film, che da una parte ha messo a disposizione risorse proprie, dall’altra è andata alla ricerca di sostegno nel pubblico e nel privato. Fondamentale è stato poi il crowdfunding realizzato attraverso la piattaforma Produzioni dal Basso: più di 100 donatori hanno permesso alla nostra troupe di volare a Rio de Janeiro per seguire da vicino Martina nel momento più importante, le Paralimpiadi».

Il budget è stato raggiunto?

«No, il budget che ci avrebbe permesso di seguire per intero la “spedizione” di Martina dall’inizio alla fine era di 20.000 EUR, invece avendone raccolti circa la metà, siamo riusciti a stare a Rio una settimana».

Simone Saponieri e Martina Caironi

Simone Saponieri e Martina Caironi

 

Raccontare lo sport, raccontare una fiction: quali sono le differenze dietro la macchina da presa?

«Il documentario, rispetto alla fiction, è meno prevedibile e controllabile. Devi continuamente adeguarti al corso degli eventi, e provare a indirizzarlo verso quella che è la tua idea di film. Raccontare una storia sportiva, se possibile, è ancora più imprevedibile: penso ad esempio all’infortunio accorso a Martina nel bel mezzo della sua preparazione per Rio, che ha dato una svolta decisa al nostro racconto».

C’è una scena che le è dispiaciuto tagliare? E viceversa, una scena che si aspettava di inserire e non è arrivata?

«Per una questione di diritti abbiamo dovuto tagliare una scena in cui Martina, prima di una gara agli Europei, per caricarsi cantava sopra una canzone italiana, rifacendola a modo suo in modo davvero divertente. Un gran peccato… Quando ho iniziato a pensare al film, avevo in mente un finale che si svolgesse dentro lo stadio olimpico. Ma dentro lo stadio olimpico era impossibile entrare, con una macchina da presa in mano… E allora è nato un finale diverso. E forse più potente».

Dobbiamo aspettarci di ridere, sorridere, compatire,…? Qual era la sua intenzione originaria e quanto seguire Martina ha deviato questa intenzione?

«Durante queste prime proiezioni del film è stato bello e importante per me osservare le reazioni della gente. C’è chi ha riso, c’è chi si è commosso, c’è chi addirittura ha applaudito durante la proiezione. Ognuno riceve il film a modo suo, in base alla propria esperienza personale e alla propria sensibilità. Martina è un esempio straordinario di come si possa cadere e poi rialzarsi, più forti di prima. Spero che la sua storia possa ispirare».

Quali sport segue abitualmente?

«Amo lo sport a 360 gradi, dagli sport più popolari a quelli erroneamente considerati “minori”, che meriterebbero maggiore visibilità».

Quali sono i film o i documentari che l’hanno guidata in questo suo primo lavoro?

«La cinematografia dei fratelli Dardenne, con la loro macchina da presa “incollata” ai protagonisti delle loro storie. Lì si tratta di fiction, nel nostro caso di documentario, quindi con le difficoltà dovute al fatto che stai filmando una persona reale, nel bel mezzo dell’accadere della sua vita».

Ci sarà un seguito?

«No. Ma continueremo tutti a seguire le imprese di Martina».

Anche perché la Caironi ha più volte ricordato di voler battere il proprio. Che sia da immortalare in un altro ciak? Per scaramanzia, non se ne parla.

Martina: lei si racconta sempre molto sui social, ma come è stato farsi seguire tanto tempo da una troupe? Effetto Ozzy Osbourne?

«Beh a volte è stato divertente perché mi son sentita un po’ attrice. Inoltre ho imparato alcuni “trucchi del mestiere” di regia. Altre volte è stato fastidioso perché la gente attorno a me si sentiva inibita dalle telecamere e quindi in quei momenti si alterava la normalità della mia vita e delle relazioni».

Primo piano di Martina Caironi

Primo piano di Martina Caironi

 

Essere portabandiera, rappresentare l’Italia: quali sensazioni preponderanti?

«É stato emozionante. Prima di tutto ho sentito di avere una responsabilità in più e quindi mi sono sentita orgogliosa di me stessa e del fatto che tra tutti fossi stata scelta proprio io. Poi il momento della cerimonia di apertura delle Paralimpiadi a Rio de Janeiro è stato magico».

La ritroveremo con i capelli azzurri ai prossimi europei?

«No, i capelli azzurri se ne sono andati, vediamo cosa m’inventerò per quest’estate…».

La seguiamo danzare nell’aria sui social: dopo i 100, i 200m, il salto in lungo, il cinema, sponsor all’Agenzia Spaziale Europea,.. dobbiamo aspettarci di vederla in sirena dell’aria? O quale altra veste? Snow boarder?

«Sui tessuti aerei sì. E anche snowboarder chissà. Intanto rimangono delle passioni».

Parlando di neve: cosa pensa della spedizione paralimpica invernale in corso, priva di donne? Esiste il gender gap?

«Ci ho riflettuto un po’ sul fatto che non ci siano donne e credo che non sia frutto di una discriminazione di genere ma di una selezione degli atleti in base alla loro storia agonistica: impegno, possibilità di andare a medaglia, risultati precedenti, etc…

Credo anzi che assegnare posti a donne solo per il fatto di essere donne sarebbe stato ulteriormente discriminante. Per la parità di genere è giusto dare pare opportunità e riconoscere i giusti meriti. 

“Siamo donne, oltre alle gambe c’è di più”», intona la campionessa senza gamba.

Il trailer de L’aria sul viso:

 

Melania Sebastiani
© Riproduzione Riservata

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Intervista raccolta nel marzo 2018

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