Ibtihaj Muhammad

Ibitihaj Muhammad

Ibitihaj Muhammad

 

La Barbie della Scherma

Lei si chiama Ibitihaj Muhammad, ed è diventata un’icona: la prima atleta di origine afro-americana a indossare il velo islamico nel corso di una competizione internazionale. Non è stata il simbolo delle Olimpiadi di Rio, ma di sicuro ha lasciato il segno. Ibitihaj ha gareggiato con il capo coperto dal tradizionale jihab e, tra un affondo e un assalto di scherma, ha trovato il coraggio di denunciare apertamente l’intolleranza anti-islamica della società americana.

Una “società razzista”, così ha definito il popolo più cosmopolita del mondo: «Che nutre ancora pregiudizi semi-manifesti nei confronti delle donne islamiche».

Le sue erano affermazioni molto forti: «In quanto musulmana residente in America mi sento in pericolo».

Eravamo alle soglie dell’America di Trump, la tensione si poteva tagliare con il coltello, pochi mesi più tardi sarebbe iniziata l’era di un Presidente in aperto contrasto con le minoranze musulmane. Ibitihaj, all’epoca, negò persino di conoscere il nome Donald Trump, sganciandosi così da ogni presunta propaganda politica. Disse che le pareva giusto sfruttare quel momento di popolarità per lanciare un messaggio: «L’America si abitui alle ragazze come me». Aveva tutti i riflettori puntati addosso: una donna bella, dalla pelle ambrata, gli occhi affusolati e scuri come la notte, che sapeva perfettamente come stare sul palcoscenico e farsi ammirare.

L’Olimpiade, del resto, ha una lunga e riconosciuta tradizione di rappresentanza dei diritti civili: Ibitihaj non era certo la prima sportiva a far udire il suo grido. Prima di lei, a Londra 2012, c’era stata la ginnasta Sarah Attar, maratoneta saudita, che aveva corso una gara di mezzofondo indossando il velo islamico. La Attar, però, dedicò la sua corsa alle donne arabe; mentre la Muhammad è americana dalla nascita, qui la sottile differenza che diventa rivoluzionaria.

La sciabola di Ibitihaj

La sciabola di Ibitihaj

 

Non si sta parlando di Arabia Saudita, ma di America, e quello che Ibitihaj Muhammad denuncia non è un Paese dittatoriale, ma una delle democrazie più progressiste dell’intero globo.

Ci svela l’ombra della luce: un mondo Occidentale arretrato, intriso di pregiudizi malcelati, l’ipocrisia che si nasconde nelle menti benpensanti, che non vogliamo vedere.

La sfida sotto il velo

A Rio de Jainero, Ibitihaj si guadagnò un soprannome impegnativo: Hijabi-Zorro e nelle interviste non si fece scrupoli dicendo che era arrivata fin lì perché voleva vincere l’oro. Come insegnano i superstiziosi: i desideri non si esprimono ad alta voce, potrebbero non avverarsi.

Alla fine l’oro non lo vinse, ottenne il bronzo, sconfitta dalla francese Cecilia Berdier. Ma la sua grinta e il suo carisma avevano lasciato il segno, le sue frasi era ormai diventate popolari in America, slogan di dominio pubblico: «Porto solo in giro quello che sono: una donna, un’afroamericana, una musulmana. Non voglio nascondere la mia identità».

Ibithaj e la Barbie clone

Ibithaj e la Barbie clone

 

Un anno dopo, infatti, ritroviamo Ibitihaj Muhammad al prestigioso Glamour Women of The Year Awards 2017.  Ibitihaj fa tendenza: dopo aver lanciato una linea di moda esclusiva per donne musulmane (Louella, dal nome della nonna Ndr), ora diventa il nuovo manifesto della Mattel, sdoganando una volta per tutte l’idea della Barbie bionda, dalla folta chioma fluente che le bambine si divertono tanto a pettinare.

Vestita con un elegante abaya bianco, da lei stessa ideato, Ibitihaj porta in giro la sua bambola-clone pubblicizzandola con ampi sorrisi magnetici. Ora la nuova bambola della Mattel è una donna seducente, senza essere maliziosa, con un irrinunciabile tratto di eyeliner nero, moderna e consapevole di sé: la Barbie perfetta.

La bambola Ibitihaj fa parte della serie chiamata Shero (creata dall’unione dei termini: lei, eroina Ndr), dedicata alle donne che hanno saputo oltrepassare ogni barriera. Le ultime Barbie della serie erano state la ginnasta afroamericana Gabby Douglas e la regista di Selma, Ava DuVernay.

La scoperta della scherma

Ibitihaj pubblicizza la Barbie con orgoglio, sostenendo che finalmente le bambine musulmane si vedranno rappresentate. «È un sogno d’infanzia che diventa realtà. Ora le bambine possono giocare con una Barbie che sceglie di mettere il velo!». Ma si tratta davvero di una scelta? La questione è controversa.

Sicuramente fa riflettere il fatto che la piccola Ibitihaj abbia iniziato a praticare scherma perché si trattava dell’unico sport che le concedeva di non scoprire gambe e braccia e indossare lo jihab. In accordo con le loro credenze religiose, i genitori, Eugene e Denise, avevano scelto per lei uno sport che le concedesse di tenere il velo e essere interamente coperta.

Padre poliziotto, madre maestra elementare, i Muhammad sono di origine africana e si sono convertiti all’Islam sul suolo americano. Ibitihaj è cresciuta a Maplewood, nel New Jersey, come una perfetta ragazza americana, ottenendo ottimi risultati nella carriera sportiva e scolastica fino a laurearsi a pieni voti alla Duke University con una tesi sulle relazioni internazionali. Con piena consapevolezza, continua a rivendicare l’importanza del velo come un simbolo culturale e identitario.

«Non avrei potuto innamorarmi di uno sport che mi chiedeva di trasformarmi,» afferma in risposta a chi muove critiche sulla sua scelta. Ibitihaj ha scoperto lo scherma a 13 anni, mentre osservava dei bambini gareggiare con il corpo interamente coperto, da capo a piedi. La madre disse: è perfetto. E fu così che tutto ebbe inizio.

Ibitihaj a Rio 2016

Ibitihaj a Rio 2016

 

La scherma fu l’opportunità di praticare sport senza rinunciare allo jihab. La sua arma: la sciabola, la più potente e veloce. «La scherma mi ha insegnato molto su chi sono e sulle mie capacità,» afferma la Muhammad.

Una Barbie con lo Jihab

A Ibitihaj Muhammad è appena stato dedicato il giocattolo simbolo di una generazione: una Barbie.

Ora entrano in gioco due temi scottanti: in primo luogo, il valore di un giocattolo come la Barbie, punto di riferimento indiscusso per le bambine. In secondo battuta, il valore e il significato affibbiati al velo islamico, simbolo religioso o imposizione familiare? Bisognerebbe capire fino a che punto il velo può essere riconosciuto come segno di cultura, e non di reclusione.

Viviamo tempi difficili, in cui musulmano il più delle volte è diventato sinonimo di terrorista.

Le donne con lo jihab appaiono pericolose, oppure, nel migliore dei casi, sottomesse. In entrambe le situazioni vengono guardate con sospetto e un occhio critico dalla donna occidentale. Ora, fin dalla sua nascita, Barbie è stata il perfetto prototipo della femmina alfa: snella, curata, emancipata. Donna in carriera o casalinga perfetta, Barbie è sempre stata in linea con la modernità. Schiere di bambole con tacchi alti, minigonne vertiginose e smalto alle unghie per testimoniare un ideale di donna in grado di mangiarsi il mondo.

Barbie, oltretutto, è sempre stata un modello di ispirazione indiscusso. Le bambine trasformano Barbie nella donna che un giorno diventeranno. Ognuna vi trasferisce il suo sogno personale: un armadio traboccante di vestiti, un numero incalcolabile di figli, oppure mille avventure a bordo di un camper per le più spericolate. Dopo Barbie veterinaria, Barbie maestra e Barbie surfista, ora arriva la Barbie con lo jihab.

Più che lecito interrogarsi su quale sia il messaggio contenuto in questa innovazione, che sicuramente dà inizio a un cambiamento.

La Muhammad con Barack Obama

La Muhammad con Barack Obama

 

«Con il suo velo Ibitihaj è diventata il simbolo della lotta contro l’intolleranza», così sostiene il Guardian, e non si può che essere d’accordo. Anche Barbie si sgancia dall’apparenza e diventa un esempio di vita, per formare delle bambine più consapevoli, aperte al concetto di “diverso”. Non è forse questa la sfida del nuovo Millennio?

In realtà quella che la Mattel sta portando avanti è una coraggiosa campagna di integrazione sociale. Semplicemente si potrebbe dire alle bambine che questa nuova Barbie rappresenta una donna forte, coraggiosa.

È la donna del futuro: capace di scegliere chi vuole diventare, e di essere se stessa oltre ogni limite, pregiudizio o discriminazione.

Sotto questo punto di vista, Ibithaj Muhammad è decisamente la Barbie più moderna e lungimirante che la Mattel potesse mettere in commercio.

Alice Figini
© Riproduzione Riservata

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