Larisa Latynina

Larisa Latynina alle Olimpiadi di Londra  (© Getty)

Larisa Latynina alle Olimpiadi di Londra (© Getty Images)


La Regina Madre

C’è voluto un nuotatore per riportare l’attenzione sulla Regina Madre degli atleti olimpici: c’è voluto quasi mezzo secolo per completare il cambio della guardia.

Al London Aquatics Centre nel 2012 erano tutti e due lì, lui in piscina, lei sugli spalti, ombretto e rossetto, sorriso e applauso pronto. Ci ha pensato Annie Leibovitz a tramutarli in icona fashion per un’azzeccata campagna pubblicitaria: lui, Michael Phelps, nuotatore statunitense; lei, Larisa Latynina, ginnasta ucraina. Raffinati, al di fuori del tempo, sorseggiano un tè sul divano con fare complice. Un incontro elegante tra due generazioni, due culture, due nazionalità, due menti. Il giovane atleta che scalza il record di medaglie della leggenda della ginnastica sovietica, il dibattito su a chi affidare il titolo del più grande olimpico della storia che si rinnova nel cammino di gloria condiviso. E la settuagenaria che a caldo, candida, sorride alle telecamere augurando al ragazzo di «restare normale».
Proprio lei, la sportiva sovietica per eccellenza del Ventesimo secolo, lei che la “normalità” non l’ha mai conosciuta. Lei che porta al collo diciotto allori, che ha avuto una carriera ultradecennale, tre partecipazioni alle Olimpiadi, unica donna ad aver vinto la stessa prova in tre occasioni, lei che ha gareggiato nascondendo una gravidanza di quattro mesi.

Larisa e Phelps (© Annie Leibovitz)

Larisa e Phelps (© Annie Leibovitz)

 

Larisa nasce a Kherson, città verde nel sud dell’Ucraina, sotto l’Unione Sovietica. È il 1934 e le prove della vita cominciano subito: l’occupazione nazista, la perdita del padre, la seconda guerra mondiale, la fame. Il sogno della bambina è diventare ballerina, e per questo frequenta con impegno la scuola locale. Quando l’istituto chiude, si dedica totalmente alla ginnastica, praticando parallele e volteggi con la stessa grazia che pone nei movimenti della danza classica.

«Avevo questo impulso interiore che mi spingeva a essere la prima in tutto quello che facessi» – ha dichiarato in un’intervista ad Annet Kulyagina,- «Se correvo, dovevo correre più veloce di tutti i ragazzi in strada. Se studiavo, dovevo studiare meglio di tutti i ragazzi della scuola. Ma non era solo questione di vincere. Alle mie prime Olimpiadi il mio coach Alexander Mishakov mi ha detto di fare il mio meglio. Se c’era qualcuno migliore di me, doveva andare in quel modo. Questa è l’essenza della competizione».

E il meglio è ciò che ha fatto in tutta la sua carriera, con ritmo, disciplina e armonia. A 19 anni comincia a forgiare la sua leggenda ai Mondiali di Ginnastica artistica, con il successo nella competizione a squadre. Irrompe nel 1956 ai Giochi di Melbourne avviando un intenso duello l’ungherese Agnes Keleti: Larisa sconfigge la Keleti nella competizione combinata, pareggia l’oro nel corpo libero e vince nel volteggio. È poi argento dietro all’ungherese nelle asimmetriche, oro nella competizione a squadre, bronzo nella gara con attrezzi a squadre. Agnes Keleti è una fiera rivale dello stesso calibro della Latynina, che continua la sua avanzata di successo. Ai Mondiali del 1958 Larisa arriva a Mosca incinta di quattro mesi. Nessuno sa che aspetta una bambina, nemmeno Mishakov, il suo allenatore. Riparte con cinque medaglie, conquistate in sei competizioni.

«Ancora adesso quando vedo quelle medaglie penso che siano anche di mia figlia», ha dichiarato nel 2012 in un’intervista all’Independent (che ha avuto luogo proprio nell’opulente tenuta inglese di Tatyana, la figlia della Latynina).

Larisa giovane (© John Dominis)

Larisa giovane (© John Dominis)

 

I primi premi e la crescente fama ha portato alla giovane Larisa benefits che i cittadini sovietici non si sognavano nemmeno: un appartamento spazioso, buon cibo, e uno spiraglio sul mondo. «Ero vestita come una bambola. Ed ero felice». La ginnasta sovietica è la favorita ai Giochi di Roma del 1960: «La location delle terme di Caracalla era interessante e inusuale ma io avevo delle medaglie da difendere». E le difende, quelle medaglie. Dormendo «molto bene alla vigilia delle gare, con gli esercizi tutti in testa». Guida il team sovietico all’oro nella competizione a squadre, vince l’oro nell’individuale e nel corpo libero. Argento alle parallele e alla trave. Bronzo nel volteggio. Larisa difende il titolo individuale al Mondiale di Praga ma cede alle Olimpiadi di Tokio del 1964, battuta dalla cecoslovacca Vera Čáslavská. Vince comunque il titolo iridato nella competizione a squadre e a corpo libero (entrambe per la terza volta consecutive), che si sommano a due medaglie d’argento e due di bronzo, portando il bottino del medagliere a diciotto: nove ori – record che rimarrà fino a Phelps e che ha condiviso con Paavo Nurmi, Mark Spitz e Carl Lewis – , cinque argenti e quattro bronzi. Una medaglia per ogni competizione affrontata.

Larisa a Tokio (© Asahi Shimbun)

Larisa a Tokio (© Asahi Shimbun)

 

La sua carriera da professionista, eccezionalmente lunga, vista la crudeltà di una disciplina che brucia in fretta le sue regine, si chiude dopo i Mondiali di Dortmund. Non è un addio alle palestre: Larisa comincia una nuova sfida come allenatrice. Per i successivi dieci anni guida la squadra sovietica, collezionando dieci medaglie in due edizioni dei Giochi. Alcune delle ginnaste di più grande successo dell’Unione Sovietica sono allenate da lei, come Lyubov Burda, Lyudmila Turishcheva, Elvira Saadi, Olga Korbut e Nelly Kim.

Il dominio delle ginnaste sovietiche continua fino a quando agli Europei del 1975 compare una tredicenne rumena che l’anno successivo, alle Olimpiadi di Montreal, passerà alla storia per aver raggiunto il punteggio perfetto: Nadia Comăneci. È proprio il coach Latynina – probabilmente per infondere fiducia alle sue ragazze –  a contestare il 10 perfetto dei giudici, sostenendo che la Comăneci non avrebbe dovuto compiere due passi nello scendere le parallele, ma soltanto uno; solo così l’esercizio si sarebbe completato in modo pulito. Nessuna lamentela però avrebbe potuto inficiare il dominio della giovane rumena.

Non c’è tempo per dispiacersi, le lamentele non fanno parte del carattere di Larisa: la campionessa olimpica fa parte del gruppo che organizza le competizioni di ginnastica ai Giochi di Mosca del 1980, quelli del boicottaggio degli Stati Uniti.

«Gli unici a rimetterci sono gli sportivi. Se solo potessi riuscire a esprimere cosa significano le Olimpiadi per un atleta…».

Un piccolo significato arriva nel 1989, quando Larisa Latynina è insignita dell’ordine olimpico d’argento del CIO. Nel 1998 è ammessa alla Hall of Fame e nel 2000 le viene intitolata una strada del villaggio olimpico di Sydney. Nel 2006 porta la torcia olimpica ai Giochi di Torino.

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La Latynina sulla trave (© Getty Images)

 

Nel suo palmarès, tra Olimpiadi, Mondiali ed Europei, ci sono 24 medaglie d’oro, 15 d’argento e 5 di bronzo.

Ed è pur sempre la donna con più medaglie olimpiche complessive. Seconda nella classifica assoluta dietro a Phelps.

«Se guardate ancora oggi questi record, della Comăneci non vi è traccia…», conclude piccante nell’intervista del 2012 all’Independent. Perché finiti i tempi della trave, delle parallele, del cavallo, per questa vera agonista la competizione segue per la gloria dei posteri.

Melania Sebastiani
© Riproduzione Riservata

 

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