Ian Thorpe

Ian Thorpe

Ian Thorpe e le sue medaglie

 

Controcorrente

Milperra, gennaio 1988. L’estate australiana bacia i sobborghi di Sydney con la temperata leggiadria dell’Oceano. La città si immerge in un orizzonte azzurro. Christina Thorpe è nata in quello spicchio di continente e sa che il suo polso fratturato ha bisogno dell’acqua; papà Ken e mamma Margaret le stanno vicino, assecondano il suo desiderio e la accompagnano in piscina, ma hanno un piccolo-grande problema: chi tiene la piccola peste della famiglia? Il piccolo Ian vive i suoi cinque anni con la carica esplosiva della curiosità e del divertimento; quando capisce che la sorella sta per cominciare un corso di nuoto, vuole andare a vedere le sue prime bracciate.

È lungo, flessuoso e coordinato; il suo corpo è perfetto per l’acqua. Gli istruttori caricano le sue molle e convincono mamma Margaret a farlo tuffare in acqua, ma non sono pronti allo shock: il bambino ha una destrezza motoria sorprendente, ma quando risale respira con fatica; sembra che qualcosa di invisibile gli ostruisca il naso e gli chiuda la faringe. Lo stupore e la paura lasciano il posto alla ragione; le apnee portano Ian all’ambulatorio del suo medico e a un test allergico.

La prima battaglia

Il verdetto è tanto semplice quanto brutale: il bambino è allergico al cloro. Margaret sorride poiché la soluzione più economica ed elementare ha spazzato via le ombre lunghe dei problemi più gravi, ma Ian scoppia a piangere: ricorda il fascino della piscina e l’abbraccio dell’acqua, non accetta di uscire dalla vasca dei sogni subito dopo il primo tuffo nelle sue meraviglie. Le discussioni si sprecano, i litigi si sfiorano; gli occhi di papà Ken riflettono l’entusiasmo di Ian nelle ombre di una carriera finita troppo presto: era una promessa del cricket, ma le pressioni del suo “vecchio” lo hanno indotto a riporre la mazza nello scantinato a soli ventisei anni.

L'acqua, il suo habitat naturale

Fin dall’infanzia è l’acqua l’habitat naturale di Ian Thorpe

 

Quando ha appoggiato l’attrezzo della sua infanzia tra la polvere del passato ha promesso a se stesso che i suoi figli non saranno sommersi dal peso delle sue aspettative: lo sport sarà la loro libertà, la loro scelta, la loro gioia. Ken tende una mano al piccolo Ian: «Se gli occidentali hanno nuotato per decenni con la testa fuori dall’acqua, potrai cominciare così; poi, se ti divertirai ancora, prenderemo uno stringi-naso e vedremo se la tua allergia sarà curabile». Gli occhi del bambino si accendono dei colori dell’Oceano, mamma Margaret sorride per la seconda volta poiché capisce che suo figlio ha appena trovato la corsia della sua vita: non sarà un talento del basketball o del netball, ma illuminerà le piscine con la sua passione.

Ian Thorpe si sente rinascere: comincia a nuotare e non si ferma più. È un prodigio della fisica: i piedi enormi lo spingono come motori mobili, la pelle liscia lo fa scivolare sulla superficie. Doug Frost modella il talento grezzo di quel giovane fenomeno e  ben presto il figlio di Ken e Margaret arriva a dominare i campionati del Nuovo Galles del Sud, strabiliando la scena di Sydney. Si prende i tornei giovanili di tutta l’Australia, si affaccia al mondo dei grandi con la voglia di un bambino-prodigio e la forza di un Torpedo.

Il soprannome gli piomba addosso naturalmente, le vittorie si susseguono, le convocazioni importanti sono dietro l’angolo: diventa il più giovane atleta di sempre a gareggiare per la nazionale maggiore e nel 1998 esordisce ai Campionati Mondiali Assoluti di Perth. Non ha ancora compiuto sedici anni, ma nessuno si accorge della sua adolescenza: i timori reverenziali restano negli spogliatoi dell’Aquatic Centre, i 400 metri scivolano sotto il suo crawl possente.

L'esultanza di Thorpe dopo una vittoria

L’esultanza di Thorpe dopo una vittoria

 

La medaglia d’oro è l’atrio di una carriera scintillante; pochi giorni dopo, la staffetta 4×200 stile libero è la sua seconda epifania e Ian svela al mondo il volto di un anfibio che sembra nato per gareggiare nel calore di una squadra. La doppietta di Perth prelude al poker di Kuala Lumpur: i Giochi del Commonwealth del 1998 segnano l’inizio del periodo d’oro e lasciano intuire la tendenza ad abbattere primati del mondo che contraddistinguerà la parabola di Ian Thorpe.

Fra il 1999 e il 2004 l’enfant prodige del nuoto australiano abbatte ventidue record e si afferma come la stella più luminosa delle piscine, ma non si limita a bruciare le corsie con un’acquaticità e una grazia mai viste prima: quando il cognato della sorella Christine inizia la sua battaglia contro il cancro, Torpedo devolve i premi che si è guadagnato ai Giochi Pan-Pacifici alla ricerca e alle strutture di assistenza per i giovani malati. La sua ascesa è folgorante: gli addetti ai lavori capiscono in fretta che Ian sarà la stella delle Olimpiadi di Sydney 2000, gli imprenditori del mondo sportivo lo cercano, i tifosi della sua città lo acclamano, ma le nubi sono dietro l’angolo.

I Giochi di Sydney

Lo sponsor tecnico che si assicura le sue spalle possenti non è lo stesso della Federazione australiana: la tensione si accumula, l’invidia cresce, i sospetti si infiltrano fra le pieghe di un ambiente che non è abituato a una tale esposizione mediatica. I francesi sostengono che dietro la sua crescita fisica si nasconda la chimica, ma nessuno riesce a dimostrarlo.

Thorpe domina i Giochi: vince i 400 e le staffette 4×100 e 4×200 stile libero, trascina l’Australia all’argento nella 4×100 mista e viene beffato da Pieter Van den Hoogenband nei 200 crawl; quando porta la bandiera del suo Paese alla splendida cerimonia di chiusura il suo sorriso illumina la serata, ma la sua mente si immerge in una nuova stagione di allenamenti.

Il 2001 è l’anno della furia cieca: ai Mondiali di Fukuoka trasforma l’abbraccio del Giappone in sei medaglie d’oro e in una pioggia di prestazioni da urlo. Van den Hoogenband? Hackett? Tutti lontani; per la prima volta un atleta vince il treble del crawl: 200, 400 e 800 sono la stessa Torpedo e diventano il riscaldamento perfetto per le staffette più veloci della storia del nuoto. Gli altrettanto trionfali Giochi del Commonwealth e i Pan-Pacific Games anticipano un colpo di scena: Ian lascia Doug Frost e assume Tracy Menzies. Non ama la pressione dei duelli, preferisce la sfida interiore: non crede che sia importante la vittoria, ma il miglioramento dei propri limiti. Continua a volare sulle acque, ma non è più lo stesso: pochi si accorgono delle sue ombre, ma la grazia dei suoi movimenti e l’educazione dei suoi sorrisi nascondono lunghe notti alcoliche. Lo stress divora le sue giornate: la leggenda non si ferma, ma non ha più la stessa innocenza dei primi tempi.

Lo straordinario crawl di Ian

Lo straordinario crawl di Ian

 

L’Olimpiade di Atene consacra la sua supremazia nel crawl con la doppietta 200 – 400, ma Thorpe capisce che sta per cominciare l’era di Michael Phelps, lo Squalo di Baltimora; si prende una pausa, si rilassa, ricostruisce la sua tranquillità. Prova a tornare, ma i problemi fisici lo bloccano; solo nel 2011 riesce a rimettersi in piscina, ma non è più brillante come un tempo. L’infortunio a una spalla si trasforma in un tunnel inquietante: dolore e depressione, buio e tensione, paura e mistero; poi, una luce.

Ian si tranquillizza, fa i conti con se stesso e annuncia al mondo la sua omosessualità con la serenità che ha riempito i momenti più belli della sua vita straordinaria. Sempre in corsia, sempre in cerca di un sorriso e di una missione. Sempre controcorrente.

Daniel Degli Esposti
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