Fabrizio Donato
Un salto per la storia
Sulle pagine del suo diario annota di tutto: appunti di lavoro, riflessioni. Presentimenti. A volte ci prende. Come agli Europei indoor di Torino 2009, quando profetizzò il primo oro italiano nel salto triplo con le parole: «Oggi scriverò la storia». A Fabrizio Donato piace lasciare il segno. Nella sua bacheca figurano ventun titoli nazionali, un oro ai Giochi del Mediterraneo, un argento e due ori europei, l’ultimo conquistato neanche due settimane fa a Helsinki.
Ma c’è un sogno ancora incompiuto: la medaglia olimpica. A Londra ci proverà per la quarta volta nei giorni del suo trentaseiesimo compleanno, lui che ha già alle spalle ben tre partecipazioni ai Giochi, in cui – complici gli infortuni – non ha mai superato il turno di qualificazione. Stavolta Fabrizio è ottimista: «Siamo in cinque o sei per tre medaglie e negli ultimi tempi abbiamo saltato più o meno le stesse misure: la gara è apertissima».
Oltre agli americani Will Claye e Christian Taylor, all’inglese Phillips Idowu e agli imprevedibili cubani, Donato dovrà vedersela anche con Daniele Greco, il ventitreenne salentino con cui si allena da cinque anni a Castelporziano, che lo ha battuto negli Assoluti di Bressanone e che molti designano quale suo erede. «L’ho detto per primo in tempi non sospetti: Daniele ha le potenzialità per diventare un vero campione».
Nonostante il secondo posto, a Bressanone Fabrizio ha sfiorato l’impresa: se avesse chiuso il salto da 17.52 m, avrebbe potuto registrare l’incredibile misura di 18 m. Lui, però, preferisce sottolineare la prova collettiva: «Con Daniele e Fabrizio Schembri, abbiamo messo in scena un grande spettacolo. Non so se in altri campionati nazionali sia possibile vedere tre atleti saltare oltre i 17.20 m».
A Londra, il campione laziale sarà accompagnato dalla moglie Patrizia Spuri, medaglia di bronzo agli Europei indoor di Vienna 2002 nella staffetta 4×400 m, che definisce la sua «marcia in più, l’unica in grado di capire i miei stati d’animo e d’incoraggiarmi nei momenti critici. Senza di lei forse avrei già smesso». I due hanno una bambina, Greta, di sei anni e mezzo, che già pratica ginnastica artistica, «uno sport molto costruttivo» – dichiara Fabrizio – «ma certo non mi dispiacerebbe se mia figlia decidesse un giorno di dedicarsi all’atletica».
Per lui fu una scelta naturale. Nato a Latina ma cresciuto a Frosinone, cominciò a frequentare il campo di atletica della città ancora bambino. Giocava, correva, saltava, finché le sue qualità elastiche e di velocista non furono notate da un allenatore che lo indirizzò prima verso il salto in alto e il salto in lungo, poi verso il triplo. La svolta definitiva arrivò nel 1995, con l’ingresso nelle Fiamme Gialle e l’incontro con l’attuale tecnico Roberto Pericoli, che lo avviò al professionismo. «L’atletica è il mio stile di vita: affronto le difficoltà quotidiane con gli strumenti che mi ha insegnato. Grazie all’atletica ho imparato a conoscermi meglio, a rispettare gli altri, anche a soffrire».
Ora che l’infortunio alla caviglia poche settimane prima dei Giochi di Sydney e lo strappo muscolare che lo tormentò fino a Pechino 2008 sono solo brutti ricordi, Fabrizio si gode l’affetto dei tifosi. «Dopo Helsinki» – racconta – «sono stato sommerso dai loro messaggi. Se ho gareggiato a Bressanone rifiutando l’ottima offerta ricevuta per partecipare il giorno prima alla Diamond League di Parigi è stato anche per dimostrare loro la mia riconoscenza».
Dagli Assoluti sono emerse indicazioni interessanti per il futuro dell’atletica italiana: su tutte, la qualificazione olimpica dei ventenni Gianmarco Tamberi nel salto in alto e José Reynaldo Bencosme nei 400 ostacoli. «I Giochi saranno per loro un primo importante banco di prova» – commenta Fabrizio – «anche se l’atleta più rappresentativo del nostro movimento resta Alex Schwazer. Di sicuro, dall’atletica a Londra non possiamo aspettarci un vero e proprio bottino di medaglie, ma qualche bella soddisfazione sì».
Quanto al capitolo post-Olimpiade: «Chi lo sa, lo scriverò di getto. Io vivo alla giornata ma non m’interessa campare di atletica. Continuerò solo finché sarò competitivo».
Graziana Urso
12/07/2012
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