Alex Zanardi

Alex Zanardi

 

Un mito iniziato dalla fine

La storia di Alessandro Zanardi è quella di un uomo che ha saputo vincere molte delle battaglie che ha combattuto nello sport come nella vita. Molti ricorderanno la data o per lo meno le immagini del punto di non ritorno che ha segnato la storia umana e sportiva del mito Zanardi:  il 15 settembre del 2001 in una gara del Campionato Kart a Lausitzring, in Germania, dopo avere effettuato una rimonta incredibile dall’ultima posizione fino a condurre la gara, Alex, uscito dai box e tolto il limitatore di velocità, perde il controllo della sua Reynard-Honda, va in testa-coda e viene travolto dalla Reynard-Ford di Alex Tagliani. Uno degli impatti più violenti e spaventosi che la storia dell’automobilismo moderno ricordi: l’auto di Zanardi in pratica viene divisa in due, così come il suo corpo.

Dopo due settimane di coma farmacologico e decine di interventi, Zanardi è miracolosamente salvo. Da qui in poi la storia, umana e professionale, di Alessandro Zanardi, laddove molti si sarebbero arresi,  o non avrebbero saputo accettare la nuova vita fatta di dolore, di protesi (Alex ha perso entrambi gli arti inferiori),  di mesi e mesi di riabilitazione, cambia e diviene leggenda.  Alex torna a camminare e soprattutto continua a crescere come uomo, un esempio di leggerezza, forza d’animo e caparbietà.  Perché l’indomabile bolognese non solo cammina, ma torna anche a correre, e lo fa tornando ad essere competitivo e raggiungendo nel 2006 con la BMW al WTCC, una prestigiosa  vittoria in campo internazionale nella gara 1 della tappa turca a Istanbul.

Un’incredibile forza d’animo

Ma facciamo ancora un passo indietro, perché la chiusura del cerchio e la vittoria più grande per Alex è rappresentata dalla sua incredibile forza d’animo nonché dalla sua unica capacità di ritornare sul luogo della tragedia. Nel 2003 infatti, torna nel circuito di Lausitzring per disputare gli ultimi tredici giri (ottenendo tra l’altro ottimi riscontri cronometrici)  che il terribile impatto  non gli aveva permesso di completare: questo fatto nella psicologia di un campione come di ogni essere umano che si ritrovi a ripercorre una tappa dolorosa ha rappresentato davvero l’inizio di una nuova vita, l’aspetto catartico; la sfida lanciata al destino beffardo ha dato forza e coscienza al campione.

l'esultanza di Alex Zanardi (da racing.blogosfere)

 

Da quel giorno Alex non si è più fermato,  proponendosi d’innanzi mete sempre più ambiziose e traguardi per i più ritenuti impossibili.  Ma forse per fare comprendere meglio lo spirito che anima lo Zanardi uomo prima ancora che il campione dobbiamo davvero usare le sue stesse parole: «Se uno non si crea alibi e ci prova, è più facile che le cose che vuole accadano». 

E lui gli alibi li ha sempre rifiutati o forse li ha utilizzati per darsi ancora più forza. E così allo straordinario pilota, cui il destino ha riservato oltre a brillanti successi, amare delusioni specie nel Circus magico della Formula uno, dove Alex non ha inciso come la sua caparbietà e il suo talento avrebbero lasciato intendere, si è sostituito il mito Zanardi. L’uomo capace di sfidare se stesso più e più volte, capace di ironizzare sulla sua nuova e complicata vita da disabile, capace di gettare il cuore oltre l’ostacolo. Perché quando ha iniziato la sua seconda o forse sarebbe meglio dire terza carriera sportiva, noi che restavamo a guardarlo forse con un po’ di empatica simpatia, pensavamo che forse questa volta Alex non ce l’avrebbe fatta a coronare l’ennesimo sogno sportivo della sua vita: quando Zanardi nel 2007 si iscrisse alla maratona più famosa del mondo, quella di New York, nella categoria handbike, quando si posizionò incredibilmente al quarto posto, ventilando la possibilità di raggiungere la corsa a cinque cerchi delle Olimpiadi, anche i più accesi sostenitori del mito bolognese storsero il naso, credendo di fatto impossibile l’impresa anche solo di raggiungere il sogno olimpico.

Ma Alex ha fortemente voluto e saputo superare se stesso per l’ennesima volta, e così a Londra 2012 ci è andato dopo l’argento mondiale a Roskilde, in Danimarca, del 2011, ottenuto nella corsa a cronometro. Zanardi alla XIV edizione delle Paralimpiadi ha ottenuto nella handbike due ori individuali, prova a cronometro e prova su strada nella pista di Brands Hatch, e un argento  nella staffetta mista a squadre. La delegazione italiana per la chiusura dei giochi paralimpici, ha voluto che fosse proprio lui il nostro portabandiera. L’immagine di Zanardi che presenta come un conduttore provetto il noto programma sportivo della Rai, Sfide, e il fatto che la sua Bologna gli abbia conferito il più grande premio cittadino, il Nettuno d’oro, sono solo – siamo sicuri – l’inizio di una nuova sfida per il mito Zanardi, un mito iniziato dalla fine.

Carlo Buonerba
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