Women’s World Cup 2019

Fifa Women's World Cup

Fifa Women’s World Cup

 

Il riscatto mondiale del calcio femminile

«Le football donne un sentiment de liberté» manifesti multicolori affissi all’esterno del Jardin Nelson Mandela, a Parigi, esibiscono questa scritta. L’intera superficie del parco parigino è stata tappezzata con i ritratti e le annesse biografie delle calciatrici in omaggio alla Fifa Women’s Cup 2019. Sembrano delle figurine da collezionare in un album queste vivaci rappresentazioni delle giocatrici, che ci restituiscono a chiare lettere la portata della rivoluzione femminile in atto.

La straordinaria popolarità del calcio femminile in Francia non si esaurisce alla partita sul campo di calcio, ma viene amplificata da eventi e manifestazioni. L’allestimento all’interno del Jardin Nelson Mandela comprende anche uno spazio espositivo: una mostra dedicata alla storia del calcio femminile mondiale, a partire dal primo prototipo di torneo disputato – udite! udite!- nel lontano 1881 tra Inghilterra e Scozia. L’ascesa della disciplina fu, come si potrà immaginare, accidentata: nel 1921 venne addirittura emanato un decreto legislativo per impedire alle donne di giocare a calcio.

Una rivoluzione sociale

Quella del calcio femminile è indubbiamente una storia di riscatto; ce lo raccontano le innumerevoli testimonianze delle atlete affisse all’interno dello spazio espositivo della mostra. Le parole delle calciatrici riflettono anche una strenua lotta al pregiudizio: «Per alcune persone una ragazza che gioca a calcio è solo un ragazzo mancato», afferma Marinette Pichon, giocatrice della Nazionale francese. Ma le testimonianze più commuoventi vengono dai Paesi non occidentali, come la Palestina, la Siria, la Costa d’Avorio, dove le donne definiscono il calcio «un sentiment de liberté» oppure affermano che trovarsi sul campo da gioco è come iniziare un’altra vita: «C’est une autre vie qui commence». Per molte di loro il calcio rappresenta un’àncora di salvezza, una via d’uscita da un cammino altrimenti tristemente predestinato che le condurrebbe a un matrimonio combinato o alla vita di strada.

«Le ragazze hanno bisogno di giocare per dimostrare che possono riuscire a raggiungere un obiettivo» commenta Haneen, presidentessa della nazionale siriana, in una toccante testimonianza: «la pratica del calcio è la chiave per l’emancipazione e l’indipendenza».

Queste riflessioni aiutano a comprendere la portata storica e sociale di un fenomeno – quello del calcio femminile- che non è riducibile semplicemente solo all’apporto sportivo o mediatico.

Nei chioschi dell’allestimento FIFA Women’s Cup Fan Experience vendono persino dei bicchieri di plastica con sopra stampate le facce delle calciatrici, novelle sponsor della Coca-Cola, che ci restituiscono un’immagine molto diversa rispetto al classico poster d’epoca della bionda cotonata, stile anni ’50, che reggeva la bottiglia dando voce a una didascalia eloquente: «You mean a woman can open it?». Ora la pubblicità della medesima bibita mostra donne in abiti sportivi che bevono direttamente dalla bottiglia con un gesto di sfrontata arditezza.

Fifa Women's Cup Fan Experience

Fifa Women’s Cup Fan Experience

 

I francesi dicono che il calcio è «le miroir de la société», lo specchio della società e, a giudicare dall’andamento di questi Mondiali, non hanno tutti i torti: ci sono cambiamenti in vista.

La società sta cambiando a ritmi vertiginosi, ce lo dice persino uno dei termometri sociali per eccellenza: lo sport. I Mondiali 2019 saranno indubbiamente ricordati come quelli del calcio femminile: erano vent’anni che la nostra nazionale rosa non si qualificava in una competizione mondiale. La vittoria al 95esimo contro l’Australia grazie al colpo di testa di Camilla Bonansea è stata uno dei momenti più emozionanti all’esordio della kermesse, in grado di tenere milioni di spettatori incollati allo schermo della tv con il battito cardiaco accelerato, mentre il petto si gonfiava di un sentimento di vivo orgoglio per queste nuove, sfolgoranti ragazze del calcio nazionale che già chiamiamo affettuosamente «Sorelle d’Italia».

Quel che è certo è che la Coppa del Mondo 2019 ha segnato uno spartiacque storico: migliaia di persone hanno seguito per la prima volta il calcio femminile appassionandosi alle gesta delle sportive emergenti, le partite in diretta televisiva hanno registrato record di ascolti, gli stadi erano gremiti. Il Presidente della FIFA, Gianni Infantino, lo ha definito: «Un evento fenomenale».

Il panorama italiano

Ma, si sa, in Italia il calcio è sacro ed è da sempre, esclusivamente, considerato appannaggio maschile. Vedere queste nuove amazzoni trionfare sul campo ha fatto sentire gli uomini defraudati e sono partiti subito gli inevitabili commenti sessisti: «Quello giocato dalle donne non è calcio», per citare i meno ingiuriosi. L’esultanza delle Azzurre nel nostro Paese è stata accompagnata da critiche di ogni sorta; queste atlete vincitrici e tenaci sono state apertamente insultate soprattutto dai “maschi alpha” che sul web impazzano come furenti leoni da tastiera ricoprendo ogni partita di un profluvio di attacchi sprezzanti. Perché il calcio femminile da molti uomini italiani viene percepito come un insulto, uno sberleffo alla sacra autorità del calcio con la C maiuscola o – nel migliore dei casi- come un fenomeno da baraccone destinato ad estinguersi una volta fatto il suo tempo.

Mia Hamm

Mia Hamm

 

Il motivo di tanta acredine? In realtà la risposta è semplice, la maschilità si sente minacciata in una delle sfere più intime del proprio divertimento privato.

È dura da accettare che sia ormai finita l’Era delle cosiddette sexy Wags (letteralmente Wife and Girl) quando la presenza delle donne nel calcio si limitava agli spalti dove tranquille e posate mogliettine sorridenti applaudivano le gesta in campo del loro uomo. Ora queste donne del calcio ci stanno rivelando un nuovo lato della ormai raggiunta parità di genere; un lato per certi aspetti insolito, per altri scomodo. Abbiamo visto con i nostri occhi che persino l’etereo essere femminile può battersi nel fango, grondare sudore e fatica, e infine ottenere l’agognata vittoria, levare le braccia al cielo e – per un solo invincibile momento – sentirsi Dio.

Di sicuro la visione della donna calciatrice deve ancora abbattere molti stereotipi e superare innumerevoli battaglie: ma con questo Mondiale direi che una l’ha già vinta. Le nuove donne del calcio hanno dato al mondo intero una dimostrazione formidabile di cosa sia lo sport, quello vero, autentico, solidale. Le loro partite ci hanno appassionati perché trasmettevano in ogni istante la fatica, la voglia smaniosa, il desiderio di vincere.

Le immagini nel Jardin Nelson Mandela a Parigi

Le immagini nel Jardin Nelson Mandela a Parigi

 

Queste performances femminili sul campo ci hanno colmato di un nuovo stupore e sono state un po’ anche nostre, perché hanno segnato una vittoria di classe.  La possibilità di dire ad ogni bambina: guarda, un giorno potrai essere come loro, correre dietro a un pallone a briglia sciolta, non devi per forza stare rigida e composta, costretta dentro le scarpe coi nastri da ballerina. Questi Mondiali 2019 hanno fatto crollare un muro e finalmente rivelato il nuovo ruolo del femminile nella società contemporanea: un ruolo forte, che a molti fa paura, perché è lontano anni luce dalla sacra visione dell’angelo del focolare.

Le donne nel calcio non ci hanno dimostrato semplicemente che si può scendere in campo senza rinunciare al rossetto o all’acconciatura, o mettere a segno un goal con innata eleganza; queste donne non sono – come molti vorrebbero far intendere- l’incarnazione satanica della ribellione, della scostumatezza sessuale o dell’indecenza: queste donne in campo che corrono, si divertono, faticano per un obiettivo sono il ritratto più perfetto di un’acquisita libertà. Per questo le calciatrici piacciono, fanno audience, e infervorano le tifoserie; perché sono donne felici che emanano un entusiasmo contagioso di cui avevamo davvero bisogno.

Il calcio femminile è un astro nascente, grazie alla Coppa del Mondo 2019 le Azzurre sono diventate un fenomeno mediatico, e ci auguriamo che i riflettori su di loro rimangano sempre accesi perché sono state in grado di dare una riscossa al nostro Paese proprio attraverso l’alfabeto di quel gergo nazionale, quel collante unificatore capace di rianimare l’Italia intera: lo sport.

Alice Figini
© Riproduzione Riservata

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