Azzurri in Piazza

il logo di Euro 2012 (© UEFA)

il logo di Euro 2012 (© UEFA)

 

Gli Europei di Stefano Piazza

Nel suo volume ritrae la Nazionale di calcio in oltre 150 citazioni, attraversando un secolo di storia. In esclusiva per Storie di Sport, Stefano Piazza, giornalista e blogger della Gazzetta, aggiorna il suo lavoro editoriale con un nuovo capitolo: Euro 2012 a una settimana dalla sua conclusione. Da Cecchi Paone a Buffon, da Abete a Dossena, la satira involontaria della rassegna continentale.

Gli Europei azzurri si sono chiusi con lo stesso tema con cui si erano aperti: i calciatori omosessuali (a dimostrazione dell’incredibile livello culturale raggiunto dal movimento, in Italia). [Alessandro] Cecchi Paone distingue tra metrosexual e omosessuali? [Antonio] Cassano si augura che non ci siano “froci” nel suo spogliatoio? Alena Šeredová, moglie di Gigi Buffon, conclude la rassegna continentale gridando al mondo che un motivo ci deve pur essere, se nessuno ha mai pensato di soprannominarla “la Mente”: «Se un calciatore dichiarasse la propria omosessualità, si creerebbe imbarazzo nello spogliatoio e forse se ne dovrebbe creare uno dedicato», tuona in un’intervista a Vanity Fair. Ovvio che il portierone non potesse essere l’unico portavoce della famiglia, in queste settimane di esternazioni continue.

Stefano Piazza, Scusi, chi ha fatto palo? Gli Azzurri in oltre 150 citazioni (Barbera)

S. Piazza, Scusi, chi ha fatto palo? Gli Azzurri in oltre 150 citazioni (Barbera)

 

In ogni caso, una cosa è certa: Euro 2012 ci lascia l’amaro in bocca, ma anche moltissimo materiale: parole, battute, scivoloni linguistici che potrebbero costituire un perfetto punto di partenza per il seguito di Scusi, chi ha fatto palo?. Beh, vorrei, per prima cosa, ringraziare il nostro Presidente federale, Giancarlo Abete, che, per attaccare la Lega Calcio, dimostra un lirismo straordinario, da droide protocollare: «C’è una sommatoria di interessi individuali che ha fatto venir meno una proposta e quindi una possibilità di interlocuzione». Fantastico. Giuro di regalargli una copia autografata del prossimo volume, magari per la Confederations Cup.

Un Europeo accompagnato da tante (forse troppe) parole, quindi, come ogni grande evento che si rispetti. Ripeto: una manna, per un malato di parole, ma anche una noia infinita per chi vorrebbe solo godere dello spettacolo del calcio. È vero, al seguito del circo calcistico, ci sono centinaia di giornalisti pagati per scrivere e parlare a ruota libera, ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette. Infortuni, formazioni, polemiche, mercato. Buoni contenuti e aria fritta. Un secondo carrozzone, quasi più colorato (e interessante, a volte) del primo, del teorico protagonista. Ma come fai a concentrarti sulla partita, se [Giuseppe] Dossena insiste con le sue “sterzate“, se [Vincenzo] D’Amico impreziosisce le telecronache con perle tecniche come «è proprio bravo» oppure «eh, lo sapevo…»? Come fai a limitare l’esperienza multisensoriale, escludendo lo stupore dei giornalisti di Isoradio per il fatto che calciatori e tifosi spagnoli (persino il re, in tribuna!) non cantino l’inno? Certo, ti verrebbe voglia di telefonare in diretta, per rivelare loro che la Marcha Real è priva di testo, ma ti limiti ad annotare l’ennesimo caso di giornalismo comico.

Ma i giornalisti non sono gli unici a regalare al pubblico dei bei momenti. «Siate lungimiranti» – dice Buffon – «fate come me: questa onda ci ha travolti ma la prossima volta sarà perfetta, come nel Delfino (di [Sergio] Bambarén, ndr)“. Solo due anni fa, al rientro dal disastro sudafricano, si era lanciato in un’altra profezia: «Per come siamo messi in questo momento, se ci qualifichiamo per la fase finale dei prossimi europei o dei prossimi mondiali dobbiamo fare una festa». Speriamo confermi di essere meglio come portiere che come indovino.

Le parole di questo Europeo sono, però, servite anche a chiarire una volta per tutte (purtroppo) chi davvero comandi nel calcio: gli sponsor, le televisioni. E i principi? No al razzismo, dicevano. Respect era scritto un po’ ovunque. Eppure, la banana croata contro Mario Balotelli, con tanto di ululati razzisti ad accompagnare il già detestabile gesto, merita 80.000 euro di multa, cioè ventimila in meno rispetto a quanto il danese Nicklas Bendtner dovrà pagare per aver mostrato il logo dello sponsor personale (impresso sulle mutande), dopo un gol. «La lesa maestrà agli affari dell’Uefa» – scrive Aligi Pontani su Repubblica.it – «che ha i suoi permalosissimi sponsor da non disturbare, è quindi più importante dell’insulto ai diritti umani. E allora vogliamo ancora protestare per due giorni in meno di riposo prima di una partita?». Difficile dargli torto. Così come viene fin troppo naturale immedesimarsi nell’insofferenza di Emilio Marrese che, prendendo atto della scoperta del famigerato bosone di Higgs, si arrende all’evidenza: «Atteso messaggio alla nazione di Buffon». Strano (ma vero), per la prima volta da un mese a questa parte, il portierone azzurro decide di non illustrare nei minimi dettagli il proprio pensiero. Con grande dispiacere del professor [Peter] Higgs e del suo bosone.

Stefano Piazza
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