Eugenio Monti

Eugenio Monti

Eugenio Monti

 

Il “Rosso” che volava

Innsbruck, 1 febbraio 1964, prova di bob a due. La prima manche olimpica di Eugenio Monti e Sergio Siorpaes non è stata eccellente: i due azzurri l’hanno conclusa al quinto posto, molto meno bene di quanto ci si potesse aspettare. Nulla di drammatico, in ogni caso. Il parziale complica un po’ le cose, ma i nostri ragazzi, distaccati di soli settantanove centesimi, rimangono tra i favoriti. Il tempo della seconda discesa, infatti, è ottimo: di gran lunga il migliore di tutti (e lo rimarrà sino in fondo, per la cronaca), anche se molti equipaggi devono ancora scendere.

Passa solo qualche minuto e sul traguardo si diffonde la voce che Tony Nash e Roby Dixon, gli inglesi secondi in classifica, non potranno gareggiare. Un malaugurato guasto, la rottura di un bullone dell’asse posteriore del bob, e per i britannici l’Olimpiade è finita. Molte cose sono un po’ approssimative, in quegli anni ancora pionieristici, e il ricambio per il pezzo non si trova proprio.

Un bullone per Tony

Tra gli italiani, qualcuno (neanche pochi, per la verità) comincia sorridere soddisfatto: si sa, alle Olimpiadi l’importante è partecipare… Eugenio Monti, il Rosso Volante, è di tutt’altro avviso. Si avvicina alla dotazione di riserva italiana, cerca il bullone, lo trova e lo mostra trionfante: «Questo è per Tony… Non gareggio mica aspettando che gli altri si ritirino!».

Gli inglesi finiscono per vincere la gara e anche gli altri azzurri Sergio Zardini e Romano Bonagura si piazzano davanti al bob del Rosso, penalizzato da uno sbaglio nell’ultima manche. Per Eugenio è solo un bronzo e, mentre i giornalisti ricamano sul gesto che ha fatto perdere l’oro e una storica doppietta all’Italia, lui commenta tranquillo: «Guardate che Nash non ha vinto perché gli ho dato il bullone… Ha vinto perché è andato più veloce!».

Eugenio Monti, ex-campione di sci nato a Dobbiaco il 23 gennaio 1923 e cresciuto a Cortina, è già tutto nell’episodio. L’anno seguente, gli viene conferito, primo atleta nella storia, il prestigiosissimo Premio Pierre De Coubertin (ossia la True Spirit of Sportsmanship Medal, la più alta onorificenza che il CIO possa conferire), ma, soddisfazione a parte, il riconoscimento non aggiunge nulla alla statura umana di un vero gentleman.

Eugenio Monti (a destra) con Sergio Siorpaes

Eugenio Monti (a destra) con Sergio Siorpaes

 

Quanto alla statura sportiva, parlano i numeri: tra bob a due e bob a quattro, undici titoli e un secondo posto mondiali, due ori, due argenti e due bronzi olimpici, tanti titoli italiani e vittorie un po’ dovunque nel mondo. A sufficienza per farne uno dei più grandi bobbisti di tutti i tempi.

Eppure, nello sport come nella vita, Eugenio non ha mai troppa fortuna. A venti anni è la più grande promessa azzurra nello sci, l’erede designato dell’immenso Zeno Colò. Coraggioso e spericolato, si è piazzato secondo dietro a Jean Couttet nella mitica discesa libera del Kandahar, a Mürren, poi, nella sua Cortina, oltre ad ottenere il bronzo nella disciplina più veloce, si è laureato campione italiano di slalom e gigante. Corre l’anno 1950, e il giovane giornalista Gianni Brera, giocando sui capelli, inventa per lui uno dei soprannomi per cui va già famoso: Monti diviene per tutti il Rosso Volante.

Il destino però è pronto a giocargli un brutto scherzo. Il 13 dicembre 1951 Eugenio si sta allenando sulla pista Banchetta al Sestriere con Ilio Colli e Roberto Lacedelli. Cade in maniera banale, ma quando prova a rialzarsi non ci riesce: si è fatto male al viso e, soprattutto, gli sono saltati entrambi i legamenti delle ginocchia. La chirurgia sportiva dell’epoca è impotente e per il Rosso la carriera nello sci alpino si conclude praticamente quel giorno. L’anno dopo, sfumata l’Olimpiade di Oslo, Monti si dedica allo sci di fondo, ma quello che lo attrae è la velocità e oltre tutto la fortuna gli volta di nuovo le spalle. Un secondo grave incidente lo convince a passare al bob.

Scelta provvidenziale. Nel 1954 è già campione italiano nel bob a quattro e dal 1955 iniziano le vittorie anche in quello a due. Ora le cose sembrano essere girate al meglio. A Cortina, nell’Olimpiade disputata sulla pista di casa, il Rosso Volante ottiene due splendidi argenti, le prime medaglie che l’Italia abbia mai conquistato nella specialità. Per Eugenio inizia una serie vertiginosa: campione del mondo ogni anno dal 1957 al 1961, e poi ancora nel 1963 e nel 1966 (spesso in entrambe le versioni), ha però la grossa delusione che nel 1960 il bob non sia previsto ai Giochi di Squaw Valley. Intanto, in mezzo a tanti trionfi, il Rosso inizia ad invecchiare e, dopo i due bronzi di Innsbruck 1964, l’oro olimpico sembra essere diventato una chimera.

L’Olimpiade di Grenoble

Nel febbraio 1968 l’Olimpiade di Grenoble diventa il teatro delle sue due ultime gare. A quarant’anni suonati il Rosso Volante effettua delle prove strepitose e, sulla terribile pista dell’Alpe d’Huez, conquista due ori magici. Non che sia tutto facile: nella prova a quattro, Monti e i suoi tre compagni (Luciano De Paolis, Roberto Zandonella e Mario Armano) devono vedersela sino all’ultima curva con Austria 1. La prova dei nostri però è quasi perfetta, a parte un rettilineo affrontato un po’ a zig-zag, e, sia pure per soli nove centesimi, il gradino più alto del podio non sfugge. Oltretutto, Monti si leva anche la soddisfazione di divenire un innovatore della disciplina a due: assieme a De Paolis, è il primo ad adottare le maniglie telescopiche in fase di spinta e a indossare scarpette di cuoio con chiodi in acciaio.

Eugenio Monti con Luciano De Paolis

Eugenio Monti con Luciano De Paolis

 

Pochi giorni dopo, il 21 febbraio, il Presidente della Repubblica lo nomina Commendatore, poi Eugenio torna definitivamente a Cortina ad occuparsi dei suoi impianti sciistici. Si sposa con l’italo-americana Linda Costantini, ma il matrimonio non è felice e nel 1993 la donna torna in America, portandosi via la figlia Amanda. Otto anni dopo, poi, la tragedia: il figlio trentenne Alec, tossicodipendente, muore di overdose.

In quegli sfortunati anni Novanta, Monti incontra anche guai con la giustizia. Presidente onorario della Seggiovia Faloria, viene accusato di danni all’ambiente per aver adoperato dinamite nella costruzione dell’impianto. Condannato in primo grado, Eugenio viene prosciolto solo parzialmente in appello e la cosa lo amareggia non poco anche se, sul piano pratico, le conseguenze sono relativamente lievi e limitate ad una multa. Infine, arriva il peggio: il Rosso Volante viene colpito dal morbo di Parkinson. Il campione limita le sue apparizioni pubbliche, ma non si nasconde certo, e ancora negli ultimi tempi concede interviste in cui sembra convivere con la malattia.

Non è così. La mattina del 30 novembre 2003 Monti si spara un colpo di rivoltella alla tempia e muore il giorno dopo all’ospedale di Belluno, dopo una dolorosa agonia. Un anonimo cortinese dichiara laconico: «Il Rosso Volante ce l’ha fatta anche questa volta, a precedere l’avversario…».

Danilo Francescano
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