Jean-Claude Killy
Il Signore delle Nevi
Se corri su un’auto da rally con la stessa determinazione a superare i limiti di quando sfiori i 130 km/h sugli sci, allora il tuo sport è sfidare la paura. Jean-Claude Killy, il più grande sciatore francese di tutti i tempi, il brivido del pericolo lo ha cercato anche lontano dalla neve, in leggendarie gare automobilistiche come la Parigi-Dakar e la 24 ore di Le Mans. «Per vincere», ha sempre detto «bisogna saper correre il rischio di perdere».
Si fosse messo al volante all’età in cui entrò a far parte della nazionale transalpina di sci, forse oggi parleremmo di lui come di un pilota di Formula Uno. Ma nell’Isère, la regione montana in cui è cresciuto, Jean-Claude non poteva resistere al richiamo degli sci, così lui è per noi semplicemente il Signore delle Nevi. La sua carriera-lampo (a 25 anni, salvo un breve ritorno nel 1973, si era già ritirato dall’attività agonistica) è una antologia di trionfi: su tutti, le tre medaglie d’oro all’Olimpiade invernale di Grenoble del 1968.
L’infanzia in Val d’Isère
Il campione francese nasce il 30 agosto 1943 a Saint-Cloud, nella banlieue occidentale di una Parigi ancora occupata dai nazisti, ma a tre anni viene portato dalla sua famiglia a Val d’Isère, dove il padre Robert apre una piccola pensione, “La Bergerie”. Jean-Claude ha sei anni quando comincia a muovere i suoi primi passi sulla neve: lo chiamano Toutoune, dal rumore che fa scivolando dai tetti delle case sui cumuli di ghiaccio. A dieci anni, vinta a scuola la sua prima gara di sci, si convince di essere bravo, e corre audace verso la Solaise – oltre 2.500 m d’altezza – dove le folate di vento mettono a dura prova la forza di gravità. Jean-Claude vince la neve e inizia a costruire il suo talento.
Il signor Killy intuisce le doti del figlio e all’indomani della triplice vittoria di Toni Sailer all’Olimpiade di Cortina del 1956 lo porta da Henri Oreiller, primo campione olimpico francese di sci, per chiedergliene conferma. «Il ragazzo ha stoffa» lo rassicura Oreiller, consigliandogli di pazientare altri tre o quattro anni prima di presentarlo al circuito sciistico. Detto, fatto: nel 1960, il diciassettenne Jean-Claude viene selezionato dall’Équipe de France, guidata dall’allenatore provenzale Honoré Bonnet. Le petit caporal ha l’incarico di far fare il salto di qualità ad una nazionale che soffre da sempre il confronto con l’Austria, regina incontrastata dello sci alpino: Killy sarà l’alfiere della sua rivoluzione.
In realtà, le prime prove del ragazzo in allenamento sono alquanto deludenti ma, convinto che per fare un campione ci vogliano anni di lavoro, monsieur Bonnet continua a credere in lui, affinandolo tecnicamente e cercando al contempo di irrobustirlo sul piano psicologico.
Nel 1962 lo lancia in una discesa a Cortina, tappa valida per la qualificazione ai Mondiali di Chamonix. Ignaro della posta in palio, Killy parte nel terzo gruppo, quando i giochi sembrano ormai fatti, ma scivola giù con una rapidità tale da insidiare a metà percorso perfino il primato di Karl Schranz, il futuro campione iridato. Jean-Claude, però, non ha ancora imparato a calcolare i rischi di una vittoria, e al rush finale cade in una buca, fratturandosi un piede: i Mondiali dovranno aspettare.
Non andrà meglio due anni dopo, all’Olimpiade di Innsbruck, in cui fallisce discesa, speciale e gigante, complici anche i postumi di un’epatite contratta durante il servizio militare in Algeria. Il ministro dello sport francese Maurice Herzog – uno che di neve ne capisce, avendo scalato per primo l’Annapurna – è furibondo, ma Bonnet lo tranquillizza: «Sarà pronto per Grenoble». Le sue previsioni si riveleranno errate: Jean-Claude è pronto già nel 1966, ai Mondiali cileni di Portillo.
Killy sigla la prima edizione australe della kermesse, conquistando la libera e la combinata. Nel biennio successivo, fa il vuoto dietro di sé, vincendo due volte la classifica generale della Coppa del Mondo, una medaglia d’oro nella discesa libera e nello slalom speciale, e altre due nello slalom gigante. Con i suoi 12 trofei sui 16 disponibili e un record di sei successi consecutivi nelle prove iridate, è ormai chiaro che a Grenoble sarà lui l’uomo da battere.
Le piste di Chamrousse sono a un tiro di schioppo dalle sue montagne, e Toutoune vuole entrare nella storia. Amor di casa e amor di gloria hanno lo stesso sapore quella mattina del 9 febbraio 1968, quando Jean-Claude è chiamato ad affrontare la discesa olimpica. A pochi minuti dal via, l’atleta si accorge che i suoi sci non sono sciolinati, ma non c’è tempo per cambiarli: è il momento di lanciarsi sulla neve.
Quanto vale un centesimo di secondo? Guy Périllat, che quel giorno si vede soffiare la medaglia d’oro dal compagno di nazionale per uno 0.08, lo ha imparato a sue spese. Killy centra il suo primo successo olimpico sul filo di lama, ma la sua performance è una sintesi di coraggio, velocità e senso di equilibrio. Tanto per non sollevar dubbi su chi sia il numero uno della manifestazione, Jean-Claude conquista anche lo slalom gigante, dando due secondi e 22 centesimi di scarto al rivale svizzero Willy Favre. Per eguagliare il primato di Sailer non gli resta che lo slalom speciale.
La vittoria a tavolino
Jean-Claude domina la prima manche ed è il più veloce anche nella seconda, quando spunta come un siluro Karl Schranz (ancora lui!) che gli strappa la vittoria. Il sogno di Jean-Claude sfuma insieme alla medaglia d’oro, ma solo per qualche ora: la giuria squalifica infatti il campione austriaco per aver saltato due porte, incoronando vincitore Killy. Schranz si giustifica sostenendo di aver visto nella nebbia un misterioso uomo tagliargli d’improvviso la strada. Fantasmi che non turbano il trionfo del primo triplice campione olimpico francese.
La festa è incontenibile, e Jean-Claude si abbandona ai bagordi per due giorni e mezzo. «Ho rivisto il sole solo al terzo» confesserà divertito in seguito. È il suo modo di salutare lo sci: l’apoteosi della carriera diventa addio alle competizioni. Tornerà sulle piste di neve solo nel 1973, appena in tempo per vincere il campionato del mondo di sci professionistico dopo una breve parentesi automobilistica, che gli consente di mettere in bacheca anche un trofeo nella categoria Gran Turismo della Targa Florio.
Affermato dirigente sportivo, membro del CIO e presidente della Société du Tour de France, la società organizzatrice dei principali eventi sportivi francesi, oggi Jean-Claude vive a Ginevra, ma non ha mai lasciato davvero le sue montagne. Nel nome del comprensorio sciistico di Val d’Isère e Tignes riecheggia il suo mito: Espace Killy.
Sulle sue cime Toutoune è già immortale.
Graziana Urso
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