Gabriela Sabatini

Gabriela Sabatini in azione

Gabriela Sabatini in azione

La stella del tennis argentino

C’è un quesito che ha martellato tutta la carriera agonistica e post-agonistica di una delle più talentuose tenniste sudamericane di sempre: perché Gabriela Sabatini ha vinto così poco? L’interrogativo affiorava nel tempo, corredato da qualche tentativo di risposta. Beh, nel pensiero comune era troppo bella e affascinante per poter anche vincere: qualcuno sostiene che la bilancia del destino regala e toglie in egual misura, succede nella vita e nel tennis. Indubitabile era il talento, il temperamento e la grinta, l’eleganza e persino la forza; nessuno poteva contestare su questi punti. Ma è evidente ai più che le risposte possono e devono essere oggetto di ben altre discussioni. E chissà, forse il limite è già nella domanda. In realtà Gabriela, pur non avendo la bacheca stracolma (ma occhio agli indimenticabili trionfi romani), ha segnato un’epoca ed è sempre stata amata, osannata e seguita dai tifosi di tutto il mondo. Ha ottenuto e detiene tuttora un titolo ambito e invidiato: lo Slam della popolarità, che è forse più durevole di altri. E i frutti, curiosamente, sembrano bucare il tempo e la memoria. Quando giocava era un mix intrigante fra la sportiva sinuosa, elegante ma incisiva e un sorriso da attrice di telenovelas cui in pochi, secondo la stampa, resistevano. Qualcuno, e probabilmente è vero, sosteneva che era addirittura più bella a fine match, quasi che il furore della battaglia influisse sul suo volto e il fisico scavato dalle fatiche. A fine carriera, poi, si riscoprì ancora più affascinante, come se in lei la primavera fosse esplosa proprio nel momento più cupo per una tennista, con la racchetta messa definitivamente da parte ma senza rimpianti: basta guardarsi allo specchio ed eccola lì, la felicità…

Gabriela Sabatini nacque a Buenos Aires nel maggio del 1970, e non nascose mai le sue origini italiane. I nonni erano partiti da Potenza Picena, vicino Macerata. Era ancora una bambina quando cominciò a giocare a tennis: anche il più miope degli allenatori avrebbe intuito di avere fra le mani una piccola promessa, e l’esigenza di ‘fare sul serio’ divenne la priorità per salvaguardare la sua classe. Gabriela era raggiante, entusiasta ma soprattutto era nata pronta: allenarsi intensamente non fu mai un vero problema, e già sognava un futuro da professionista di successo. E infatti… Dopo i primi trofei nelle categorie minori, appena quindicenne arrivò in semifinale al Roland Garros e nello stesso anno, il 1985, vinse il primo titolo della carriera. A Tokyo, sul cemento, in finale non lasciò scampo alla statunitense Linda Gates (6-3 6-4). Poliedrica e molto versatile, la Sabatini aveva già squarciato gli interessi generali e prometteva di far saltare il banco. Stupiva i palati più esigenti con un tennis lineare e completo in tutte le fasi di gioco, una buona sensibilità e una sapiente gestione delle partite, con grinta da vendere nei momenti caldi e colpi rapidi ed efficaci a fondo campo. Raffinato ed elegante, oltre che mortifero, il suo rovescio ad una mano, che sovente spiazzava le avversarie di turno. Di certo prediligeva cemento e terra battuta, ma come già accennato, e le statistiche lo testimoniano, sapeva adattarsi a tutte le superfici. Nel 1988 vinse la medaglia di argento alle Olimpiadi di Seoul, perdendo in finale con Steffi Graf (6-3 6-3, cemento), la fuoriclasse tedesca che sarà poi la sua storica e scorbutica avversaria. Anzi a tratti la vera bestia nera, ma fra le due non fu mai rivalità feroce o con ‘colpi bassi’. Ne è la prova le partite e i tornei in coppia, addirittura insieme trionfarono a Wimbledon nel 1988; Gabriela, cambiando partner, fu spesso vittoriosa in tornei più o meno prestigiosi: in totale 14 titoli.

L'attesa

L’attesa

 

Tornando alla sua carriera in singolo, comunque, la vittoria più importante, il colpo di scalpello più significativo, la Sabatini lo confezionò nel 1990 quando entrò nella leggenda del tennis femminile argentino trionfando negli U.S. Open; ancora cemento, quindi, ma in quello più famoso e brillante. Fu il suo primo e unico successo in un Grande Slam, oltretutto il primo in assoluto per una tennista argentina, dove diventò famosissima e quasi una star. Stavolta fu la Graf a piegarsi in finale, 6-2 7-6, con Gabriela che aveva già emozionato i suoi fan battendo in una combattutissima semifinale l’americana Mary Joe Fernández 7-5 5-7 6-3. Altre due volte raggiunse una finale dello Slam, e in entrambe le circostanze fu la solita Steffi Graf ad alzare il trofeo. Nel 1988 fu forse stoppata anche dall’emozione della prima volta negli US Open (la tedesca si impose 6-3 3-6 6-1); tuttavia la delusione maggiore fu quella del 1991, l’erba di Wimbledon fu amara e dura da digerire. Gabriela, nonostante gli sfavori del pronostico, giocò un ottimo tennis, sfoderando la grinta di una ‘pantera’ (uno dei suoi soprannomi) e perdendo 6-4 3-6 8-6 (persino a due soli punti dalla vittoria) contro la granitica teutonica, che però vide la sua superiorità talvolta vacillare. Applausi e rimpianti per la Sabatini, che in quei mesi forse poteva ambire a diventare la numero 1 al mondo, altro suo grande sogno. Nel febbraio 1989 arrivò al numero 3, suo record personale.
Altri squilli e gioie nei tornei più ricchi e gloriosi non arriveranno, ma la Sabatini si riscattò vincendo un po’ dovunque: ben 27 i titoli nei singoli, incluse le due affermazioni Championships Wta a New York. Roma, poi, fu il suo Paradiso tennistico in “terra”, in tutti i sensi. Forse era scritto nel destino che la bellezza della città eterna e il fascino sportivo di Gabriela si sposassero con gioia, ma è comunque un dato certo che la Sabatini trovò nella nostra capitale quella continuità che sovente le era mancata in altre circostanze. Addirittura quattro volte Regina agli Internazionali d’Italia, e ogni volta con un tripudio di tifose e tifosi che gongolavano per le sue qualità e il suo carisma. Il primo titolo nel 1988 (in finale 6-1 6-7 6-1 alla canadese Helen Kelesi) e l’anno successivo subito il secondo sorriso: 6-2 5-7 6-4 all’istrionica spagnola Arantxa Sánchez Vicario. Dopo un anno di ‘riflessione’, altra doppietta di vittorie con cavalcate poderose e un affetto mai venuto meno, anzi rafforzatosi, col pubblico romano. In finale vinse entrambe le volte con la slava Monica Seles: nel 1991 6-3 6-2, nel 1992 un più sofferto 7-5 6-4.

Match Seles Sabatini in tv

Match Seles Sabatini in tv

 

Gli esperti e anche molti sostenitori di Gabriela, quasi in coro, hanno individuato nel suo servizio, soprattutto la prima palla, il vero tallone d’Achille che l’ha penalizzata in maniera netta e decisiva. Certo, la Sabatini negli altri fondamentali era quasi perfetta e con punte di magnificenza estetica quasi impossibili da imitare, ma la battuta è, specialmente nel tennis degli ultimi decenni, essenziale per costruire un quindici, un game, eccetera… Non è un dettaglio da poco, e alcune fra le sue avversarie più temute hanno costruito una carriera proprio sul servizio. Tuttavia nel vocabolario di Gabriela non sono mai comparsi i rimpianti, e se qualcuno le sottolinea questa carenza nel fondamentale, laddove comunque si allenò con puntiglio per migliorare, lei non si lascia mai sopraffare da alibi o malinconie. Anche per questo è una vincente. Quando lasciò il tennis (ultimo successo a Sydney nel gennaio 1996) aveva già le idee chiarissime. Del resto, le è bastato raccordare progetti che aveva già avviato, viaggiando e contemporaneamente lavorando su più fronti. Già nei primissimi anni novanta aveva lanciato dei profumi col suo nome e fu un successo sorprendente anche per lei, così come quando alcuni amici e collaboratori idearono una bambola con le sue sembianze e il suo volto, che fu apprezzata un po’ dovunque. Di suo pugno, invece, la sua biografia “My story”, in cui ha raccontato con lucidità e senza ipocrisie la sua vita. Continua, come quando giocava, a dribblare con abilità le domande sulla sua vita privata, che certamente è stata intensa; non ha mai amato i riflettori e la ribalta. Nel 1989 si parlò, e ci concediamo un’unica divagazione in merito, di una storia importante con il quarantenne (all’epoca) Donald Trump, l’attuale presidente degli Stati Uniti. Per una volta, argentini e statunitensi accantonarono quell’odio che è dato per scontato in tutti i libri di storia. Gabriela spesso torna in Italia, ovviamente a Roma, per affari o per riabbracciare tanti amici: l’amore per il nostro paese (meglio tardi che mai, ha ottenuto solo a fine carriera la cittadinanza onoraria) non si è mai spento. Nel 2006, a Newport, è stata inserita nell’International Tennis Hall of Fame ed è un altro motivo per essere fiere orgogliose del marchio indelebile che ha lasciato nel tennis mondiale. Non il solo, perché il riconoscimento e la gratitudine di chi ama il tennis è forse anche più prezioso per lei. In Argentina, a Roma… dappertutto.

Lucio Iaccarino

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Comments To This Entry
  1. Lucio Iaccarino NUMERO UNO

    ANTONIO ABBATE on May 21, 2020 Reply
    • Le fer de lance della redazione!

      admin on May 21, 2020