Michel Preud’homme

Michel Preud’homme in porta

Michel Preud’homme in porta

 

In volo verso il mito

I tifosi, grazie alla fantasia e all’immaginazione, hanno un credito illimitato, soprattutto quando lo utilizzano con lo spirito giusto. Così, quando Michel Preud’homme, straordinario numero 1, giocava nel Benfica e vinceva la Coppa del Portogallo nel 1996, qualcuno, guardando la sua figurina 1996, lo paragonò al celeberrimo personaggio mitologico di Medusa, forse per via della chioma che circondava il suo capo.

Preud’homme non aveva lunghi serpenti al posto dei capelli, ma il suo sguardo sembrava davvero poter pietrificare palloni e avversari.

Studiando con perizia il significato del nome, scopriamo che Medusa vuol dire “guardiana”, “protettrice”: a questo punto sulle affinità elettive nessuno può più nutrire dubbi.

Michel Preud’homme è stato uno dei migliori portieri di calcio di tutti i tempi, capace di interpretare il suo ruolo come pochi altri: troppo facile dire che era bravo tra i pali, lui era in grado di plasmare e rendere viva, quasi come se fosse un flash fotografico, ogni parata.

Michel Preud’homme, giovane parata in volo

Michel Preud’homme, giovane parata in volo

Nacque in Belgio, a Ougree, nel freddissimo inverno del 1959: talento sbocciato già in tenera età e cresciuto senza punti deboli. La reattività era per lui la vera sorgente a cui attingere: era in grado di guizzi e balzi poderosi; arrivava ovunque con apparente facilità, sia nei pali che nelle uscite. Se si escludono i titoli personali, di cui la bacheca è colma, il suo curriculum non è stratosferico come la sua bravura avrebbe meritato, ma più di tutti un portiere è sempre indissolubilmente legato agli altri dieci compagni.

Preud’homme ha indossato casacche di prestigio internazionale: Standard Liegi (dal 1977 al 1986), Malines (1986-1994) e Benfica (con i lusitani, dal 1994 al 1999, l’unica avventura fuori dai confini nazionali). La bacheca di Preud’homme si arricchì con lo Standard di due titoli nazionali, nel 1982 e nel 1983, mentre gli otto anni col Malines furono fondamentali per la sua fama internazionale.

Michel esibì nell’Europa intera le sue poderose parate: il trionfo in Coppa delle Coppe nel 1988 fu l’apice della sua carriera. Preud’homme, che guidava una difesa non proprio imperforabile, giocò partite a dir poco perfette, risultando sempre fra i migliori in campo. L’Atalanta di Mondonico se lo ritrovò come avversario in semifinale: il Malines vinse sia all’andata che al ritorno per 2-1, ma nella mente dei presenti restarono impresse più i numeri del portiere che i tabellini con i marcatori.

Nella finalissima di Strasburgo, l’11 maggio 1988, Preud’homme e compagnia liquidarono col minimo sforzo (1-0, rete di Den Boer) gli olandesi dell’Ajax conquistando così la Coppa delle Coppe. L’anno dopo trionfò, da capitano, anche nella Supercoppa Europea contro il Psv di Romario e Rambo Koeman. Tuttavia, il picco più alto di Michel Preud’homme arrivò quasi due anni dopo, nel doppio confronto dei quarti della Coppa dei Campioni 1989-90: il piccolo Malines era di fronte al ciclopico Milan di Van Basten e Gullit. Il divario tecnico fra le due squadre apparve subito evidente, e del resto nessuno metteva in discussione la superiorità dei rossoneri. Quasi in estasi metafisica, e dispensando interventi prodigiosi a getto continuo, Preud’homme riuscì a conservare inviolata la propria porta. Finì 0-0 in Belgio all’andata, e così anche a San Siro al ritorno, con la conseguente appendice dei supplementari. Gli attaccanti del Milan quasi non credevano ai loro occhi, Michel prendeva anche le cannonate e le parabole più velenose. Sfinito e abbandonato dai comunque coraggiosi difensori del Malines, Preud’homme capitolò due volte solo nei minuti finali subendo le reti di Van Basten e Simone, e il Milan si qualificò con merito vincendo 2-0. Michel uscì a testa altissima, fra gli applausi di tutti e con i guanti ridotti a brandelli.

La formazione del Malines

La formazione del Malines

Furono i suoi anni migliori: con la sua nazionale, il Belgio, che non ha mai vinto nulla di importante nella storia del calcio ma che ha annoverato tra le sue fila campioni degni di nota, Preud’homme, che godeva del tifo anche delle donne e delle ragazze dei Paesi Bassi, disputò due fasi finali dei mondiali di calcio: nel 1990 e nel 1994.

Entrambe le avventure si chiusero, in frangenti e situazioni anche opinabili, con l’eliminazione agli ottavi di finale. Ma lui, Michel Preud’homme, era comunque il pilastro e la base su cui poggiava tutta la difesa. In Italia i belgi vantavano uomini del calibro di Gerets (capitano e vincitore della Coppa dei Campioni col Psv nel 1988) di Scifo, che di certo ricorderanno gli amici tifosi del Torino, e del gigante Ceulemans in attacco. Il Belgio arrivò secondo nel gruppo E qualificandosi alla fase ad eliminazione diretta.

Qui Preud’homme si trovò di fronte l’Inghilterra e, per nulla intimorito, giocò una partita esemplare. Fu David Platt, ad un minuto dalla fine del secondo tempo supplementare, a schiodare quel risultato di 0-0 che avrebbe assicurato calci di rigore che i belgi, con Michel fra i pali, non avrebbero sgradito…

Nei mondiali statunitensi, quattro anni dopo, il Belgio dovette ingoiare un boccone ancora più amaro e difficile da digerire: di nuovo ko agli ottavi, ma la sconfitta con i detentori della Germania di Voeller e Klinsmann fu un autentico scippo. Il 3-2 maturato al novantesimo nel mega-impianto di Chicago ebbe come protagonista non richiesto il semisconosciuto arbitro elvetico Rothlinsberger, che condizionò l’incontro con cervellotiche e sballate interpretazioni, tutte a favore dei teutonici.

La delusione per l’ingiusta sconfitta colpì soprattutto lui, Preud’homme, consapevole di essere al suo ultimo mondiale da protagonista in campo: vinse e accettò quasi a malincuore il premio Yaschin, titolo che spettava al miglior portiere della Coppa del Mondo.

Preud'homme oggi

Preud’homme oggi

Sempre nel 1994 conquistò anche il titolo di miglior portiere in assoluto (premio assegnato dall’IFFHS): Michel aveva spesso sfiorato questo riconoscimento senza però riuscire ad agguantarlo. Dal 1988 al 1995 si era sempre classificato fra i primi dieci posti, e nel 1988 fu secondo alle spalle di Walter Zenga, che considerava più un amico che un collega-rivale. Nel 1987 e nel 1989 fu eletto miglior calciatore del Belgio.

Ora Preud’homme è un allenatore quotato, intelligente e già con svariate vittorie in carniere: avrebbe dato una gamba pur di continuare a giocare e parare come ai suoi tempi. Ma il rammarico vero forse è un altro, quello di non aver mai giocato in club di primissima fascia internazionale, magari in Italia. Se avesse avuto una squadra e una difesa stellare davanti alla sua area di rigore, fargli gol sarebbe stato proibitivo per tutti, forse pure per i marziani. Avrebbe vinto coppe e medaglie ma forse, a ben pensarci, si sarebbe divertito di meno.

Come un soldato che preferisce andare in avanscoperta piuttosto che stare nelle retrovie: Preud’homme non avrebbe parato l’impossibile, non avrebbe vissuto in pieno quello che davvero amava fare.

Lucio Iaccarino
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