Jonathan Wilson

Il giornalista Jonathan Wilson

Il giornalista Jonathan Wilson

 

«Il mio viaggio nel calcio dell’Est»

«I miei genitori erano innamorati della Jugoslavia e per la mia prima vacanza all’estero, da ragazzino, mi portarono in Slovenia. Non sarà l’angolo più sperduto del mondo, ma per me essere seduto in quei bar con le foto di Tito appese al muro fu comunque un’esperienza molto diversa da tutto ciò che normalmente avevo a casa in Inghilterra. Alcuni anni dopo, nel 1992, andai in Russia grazie a un programma di scambi studenteschi. Soltanto pochi mesi prima un golpe aveva rovesciato Michail Gorbaciov, il che rappresentò un’occasione d’oro per fare un’esperienza in Russia in quel periodo così cruciale».

L’Europa Orientale è sempre stata nel destino di Jonathan Wilson, trentasettenne giornalista sportivo e scrittore di Sunderland, oggi editorialista di successo per The Guardiane Sports Illustrated e caporedattore della rivista calcistica trimestrale The Blizzard.

Il prestigioso quindicinale The Blizzard

Il prestigioso trimestrale The Blizzard

 

Se ormai la sua carriera professionale sembra essersi avviata sulla strada giusta e il suo settimo libro, The Anatomy of Liverpool: A History in Ten Matches, è appena stato pubblicato, Wilson mette prontamente in chiaro che il suo passato nel mondo del giornalismo non è stato sempre così roseo, anzi.

«Alla fine del 2002 ero un giovane freelance alla ricerca di lavoro ovunque, ma le cose non erano per niente semplici. In quel periodo c’erano già troppi esperti di calcio europeo occidentale o inglese, ragione per la quale per farmi pubblicare qualche articolo dovevo per forza andare alla ricerca di orizzonti inesplorati. Dato che i confini dell’Est europeo erano stati ridisegnati dalla caduta del Muro di Berlino e dai successivi conflitti, si percepiva una forte richiesta di articoli su paesi come per esempio la Macedonia o altre “nuove” nazioni. Fu allora che decisi di usare i miei contatti e la mia passione per il calcio dell’Europa Orientale e iniziai a viaggiare da un paese all’altro per vedere se tutto questo lavoro mi avrebbe portato da qualche parte...».

Le interviste registrate da Wilson con giocatori e allenatori leggendari quali Dejan Savićević o Mircea Lucescu vennero messe insieme in un libro, Behind the Curtain: Travels in Eastern European Football (la cui traduzione letterale è: Dietro la Cortina: viaggi nel calcio dell’Europa Orientale), che segnò una svolta nella carriera del giovane giornalista.

La copertina di Behind the Curtain

La copertina di Behind the Curtain

 

Pubblicato nel 2006, Behind the Curtain è un viaggio attraverso gli ex paesi socialisti europei, nei quali spesso pallone, politica e potere sono una cosa sola.

«La storia e il calcio sono certamente collegati tra loro. Si pensi per esempio all’ex Jugoslavia. Il criminale di guerra più tristemente noto, Arkan, reclutava tra un gruppo di tifosi della Stella Rossa Belgrado, i Deljie, una delle bande più temute in Europa, la maggior parte dei componenti delle sue truppe paramilitari, le Tigri, che eseguirono operazioni di pulizia etnica durante la guerra in Jugoslavia. In maniera analoga, i violenti scontri tra gli ultras della Dinamo Zagabria e quelli della Stella Rossa nel 1990 segnalarono in anticipo l’inevitabilità dello scoppio della guerra d’indipendenza croata l’anno successivo.

Un altro esempio è l’Ungheria, la cui squadra nazionale distrusse per 6-3 l’Inghilterra a Wembley nel 1953. Il portiere, Gyula Grosics, affermò di aver compreso che la rivoluzione era possibile quando, all’arrivo della squadra a Budapest, vide che la polizia non riusciva a contenere la folla che voleva salutare i giocatori.

Più in generale, si potrebbe dire che i tratti culturali di una nazione e il suo modo di interpretare il gioco del calcio presentano delle similitudini. Sebbene esse vengano talvolta esagerate, l’esistenza di una corrispondenza tra l’ambiente culturale nel quale si cresce e il modo di giocare a calcio è innegabile».

Durante i suoi viaggi nell’Est, Wilson ha spesso trovato persone desiderose di aiutarlo dalla personalità distante anni luce dai personaggi dell’Europa Orientale freddi e semi-robotici descritti nei film hollywoodiani di propaganda anti-socialista quali Danko, Rocky IV e simili.

«Può sembrare paradossale, ma nonostante io sia inglese e scriva per una rivista come Sports Illustrated, è molto difficile arrivare a parlare con i giocatori dell’Est della Premier League mentre si trovano in Inghilterra. Più facile, invece, è intervistarli quando sono nel loro paese d’origine e ancora più semplice era mettersi in contatto con loro dieci anni fa! Un esempio illuminante a tale proposito è la mia intervista con Slaven Bilić, ex difensore della nazionale croata che giocò anche in Premier. Alloggiavo a Spalato in un hotel e una mattina venne personalmente a prendermi in macchina per portarmi in un ristorante dove parlammo del libro per diverse ore: era entusiasta del progetto. Finito il pranzo,mi riaccompagnò verso il centro della città, dove mi fece conoscere alcuni giornalisti del posto che potevano fornirmi ulteriori contatti e aneddoti succulenti».

Slaven Bilic

Slaven Bilić

 

Sono passati soltanto pochi anni, ma il boom dei nuovi media ha cambiato il nostro modo di avere accesso al calcio. Gli stessi giocatori e le stesse squadre che una volta potevano essere circondati da un’aura di mistero ormai non hanno più segreti.

«A causa di Internet e delle televisioni satellitari il gioco ha perso il suo senso di leggenda.

Mi ricordo ancora di quando, da bambino, vidi una partita dei Mondiali del 1986. Stava giocando il Brasile, che schierava un terzino destro di nome Josimar: nessuno sapeva nulla di lui o lo aveva mai sentito nominare, eppure era un giocatore fenomenale dotato di corsa, tecnica sopraffina e un gran tiro dalla distanza. Oggi non abbiamo più nessun Josimar da scoprire in quanto, avendo la possibilità di vedere qualsiasi partita ventiquattr’ore su ventiquattro, lo stesso tipo di scalpore non potrebbe mai essere suscitato.

Inoltre, a livello tattico c’è molto più interscambio dato dal fatto che la maggior parte dei club europei mette sotto contratto giocatori e allenatori provenienti da paesi o addirittura continenti diversi. Il risultato è che le caratteristiche nazionali che prima differenziavano una squadra dall’altra sono diventate meno nette. Un fenomeno come quello dell’Olanda del 1974, che si presentò al mondo proponendo un calcio totalmente nuovo, non sarebbe replicabile al giorno d’oggi in quanto abbiamo modo di vedere qualsiasi tipo di novità già al momento della sua genesi.

Tra l’altro, è triste vedere che quando si gioca una competizione come la Coppa d’Africa gli stadi sono semi-vuoti nonostante il torneo sia l’unica occasione di vedere dal vivo le grandi star del calcio africano per le popolazioni locali: molti tifosi del posto preferiscono guardarsi le partite in tv.

Tuttavia, avendo da poco preso parte a una lunga sessione di domande e risposte per la mia rivista The Blizzard, mi sono sentito rincuorato vedendo che una buona fetta di pubblico non ha perso la propria passione più genuina ed è ancora alla ricerca di reportage calcistici e approfondimenti dettagliati».

L’imprenditore inglese Peter Jones ha affermato una volta: «Se per ipotesi dovessi ricominciare da zero, penserei a ciò che conosco bene e alle persone con le quali ho instaurato un buon legame e ripartirei da lì». Jonathan Wilson ha saputo rendere concrete queste parole.

Daniele Canepa
© Riproduzione Riservata

 

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