L’altro Schillaci

Un'immagine giovanile di Maurizio Schillaci

Un’immagine giovanile di Maurizio Schillaci

 

Storia di una promessa non mantenuta

Immaginate un treno alla sua ultima corsa giornaliera, che arriva al capolinea e apre le porte dei vagoni per lasciare che gli ultimi passeggeri scendano e lo svuotino.
Siamo a Palermo e questo succede tutte le sere, come in qualsiasi altra stazione italiana. E come in qualsiasi altra stazione italiana, tanti sono quelli che scendono per tornare alla loro casa, dalla famiglia, tanti sono quelli che salgono, di nascosto, perché una casa o una famiglia non ce l’hanno. Sono uomini senza volto, senza neppure un nome per chi li osserva da fuori. Sono sconosciuti.
A Palermo però, tra quelli che risalgono, ce n’è uno che ha un nome e una fama diversa dagli altri. Si chiama Maurizio. Maurizio Schillaci. Un cognome famoso, ma non un semplice caso. È il cugino di Salvatore, per tutti Totò, colui che fece impazzire una nazione intera durante i mondiali di casa del 1990.
Maurizio dal canto suo non ha nulla da invidiare al cugino, parlando sul piano tecnico, se non una sorte avversa che per una carriera intera lo ha perseguitato.

Maurizio a Palermo, davanti al Teatro Massimo

Maurizio a Palermo, davanti al Teatro Massimo

 

L’incontro, parte prima

Sono due gli incontri che segnano la vita di Maurizio Schillaci. Il primo risale al 1983. Il giovane talento pescato dalle strade palermitane è stato scelto nelle blasonate giovanili rosanero del Palermo.
Corre e calcia come se da ciò dipendesse la sua vita e gioca sui campi ufficiali con la stessa naturalezza alla quale era solito affidarsi nelle partitelle di quartiere. Maurizio ha il passo vellutato e il dribbling secco, tenace come una tagliola.
Ad assistere alle sue mirabolanti azioni c’è un uomo taciturno, che è solito fumare e osservare attentamente. È arrivato in Italia nel 1968 per seguire le orme di uno zio allenatore, Čestmír Vycpálek, tanto bravo da finire alla Juventus. È arrivato in Italia dalla Repubblica Ceca e con mille convinzioni in testa. Il tizio che spegne una sigaretta e ne riaccende un’altra subito dopo, che, appoggiato alle ringhiere del campo, scruta vigile al sole le cavalcate di Maurizio, è Zdeněk Zeman.

Un intenso primo piano di Zeman

Un intenso primo piano di Zeman

 

Zeman vede in Maurizio qualcosa di più che una semplice gazzella da piazzare sulla fascia e crede di poterne fare un calciatore completo e utile alla causa del suo 4-3-3 improntato all’attacco. Non passa tanto che al boemo viene finalmente affidata una panchina di rilievo: è quella del Licata, stagione 1983-84.
Meno di un anno dopo, Zeman pone i suoi obiettivi nella sessione estiva di mercato. Vuole tassativamente il ragazzetto palermitano. Il matrimonio tra i due comincia sotto i migliori auspici e, per una volta, mantiene le aspettative. Ventidue sono le reti di Maurizio nelle due stagioni in Sicilia.
Tante. Tante da attirare le attenzioni di più illustri corti calcistiche. È l’estate del 1986, quando la Lazio bussa alla porta del Licata per strappargli il suo pezzo più pregiato. Le porte del grande calcio gli si spalancano, proprio quando anche il più giovane Salvatore comincia la sua scalata verso il successo, a Messina, dove nel frattempo è approdato Zeman.
I due cuginetti che facevano a gara a chi segnasse di più nei polverosi viali palermitani, stanno per avere la possibilità di incantare l’Italia.

Totò Schillaci esulta nelle notti magiche di Italia '90

Totò Schillaci esulta nelle notti magiche di Italia ’90

 

Il successo e la fama, due belve indomabili

Maurizio nella vita non ha mai avuto tanto e il calcio lo ha salvato dalla miseria, fortuna che non tutti i suoi vecchi compagni hanno incontrato.
C’è però un momento in cui ti ritrovi a fare i conti con numeri che mai avresti sognato di affrontare. Cinquecento milioni di lire per quattro anni, questi sono i numeri di Maurizio, questo è il contratto che firma con la Lazio. Ci sono poi altri numeri che spiegano il perché di molte cose, riguardo alla sua carriera. Undici presenze e una rete in stagione, trentotto auto in un anno, ma soprattutto una degenza infinita per un infortunio che nessun medico nell’entourage laziale riesce a individuare (figurarsi a guarire). Il malato immaginario, così lo schernivano.
I problemi tornano ad affiorare e a travagliare l’animo del talento palermitano. I malumori e i ricordi di una vita lontana, di un’infanzia passata per strada, si rifanno precipitosamente nitidi e vicini. Dopo la Lazio, appena un anno dopo, Schillaci torna a scuola da Zeman, a Messina, in tandem con il cugino. Totò però ormai è pronto a decollare verso cieli che Maurizio vede sempre più lontani. L’unica consolazione, a parte il rinnovato connubio con il mister boemo e con il cugino, è la guarigione dall’infortunio, tutt’altro che immaginario: un’acuta tendinite.
Ma le fortune di Maurizio sono ormai esaurite, seppur il calcio gli voglia offrire l’ennesima possibilità a Castellamare di Stabia.

L’incontro, parte seconda

Le serate a Castellamare per Maurizio non sono abbastanza movimentate. Ha bisogno di uno slancio in più per sopportare i pesi degli allenamenti. Ecco allora che, di nascosto, prende la macchina in direzione Salerno, più popolosa e di sicuro più intrigante.

Ci sono due amiche ad aspettarlo per le strade salernitane, come racconta lui stesso in molte occasioni: la cocaina prima e l’eroina poi.

Sono due amiche che in quegli anni stanno facendo strage di giovani, rapiti dal loro fascino crudele, ed incontrano anche Maurizio. Da appuntamenti occasionali si passa ad incontri quotidiani, sempre con loro, sempre alle loro dipendenze. Il mondo circostante comincia lentamente ad allontanarsi.
Totò nel frattempo è esploso, aiutato da Zeman: ha stregato la Juventus e fatto sognare l’Italia. Maurizio invece riconosce a stento le persone e spreca le sue giornate ad inseguire sé stesso. Improvvisamente si trova solo, abbandonato dalla moglie, con una figlia che non riesce a considerare e con vizi che non riesce a mantenere. Gli resta solo quel cognome, ormai però, dopo le notti magiche,   legato indissolubilmente a Salvatore. Maurizio Schillaci resta una promessa non mantenuta.

Maurizio Schillaci, oggi

Maurizio Schillaci, oggi

 

Ora Maurizio non ha una casa, vive assieme ai suoi compagni sui treni fermi in stazione. Non ha i soldi nemmeno per pagare un pranzo alle figlie, nel frattempo divenute due, ma soprattutto non ha più le forze per rimettersi in carreggiata.
Gli resta però ancora un filo di voce, con la quale implora un aiuto, accusa chi non glielo ha dato in passato e racconta la sua storia, perché solo di una malinconica storia senza lieto fine si può parlare.

Mattia Pintus
© Riproduzione Riservata

 

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