Serhij Bubka

Serhij Bubka

Serhij Bubka

 

Sfida contro il cielo

Per alcuni atleti inseguire la vittoria significa continuare a correre, per molti saltare oltre i propri limiti, per altri ancora abbattere muri che sembravano invalicabili. Per Serhij Bubka la rincorsa al successo è stato questo e molto altro: una lunga serie di corse, salti e voli che hanno contraddistinto la sua carriera nel salto con l’asta. Nel suo palmarès solo ori: un trionfo all’Olimpiade di Seul, dieci titoli mondiali e due europei simboleggiano le vittorie di un atleta che del podio conosceva solo il gradino più alto. Se nel mondo dell’atletica uno dei record più longevi è quello che stabilì l’astista ucraino nell’estate del 1994 è proprio perchè non ha mai smesso di inseguire nuovi traguardi, anche quando sembravano irraggiungibili.

Quando si rivelò in tutto il suo talento e strapotere fisico vincendo i Mondiali di Helsinki nel 1983 con la misura di 5,70 m, pochi pensavano che quel ragazzo non ancora ventenne avrebbe contribuito a scrivere la storia del salto con l’asta. Serhij, nato a Donetsk il 4 dicembre 1963, era sì una promessa della nazionale sovietica, ma nessuno immaginava che la sua parabola sportiva lo avrebbe portato a sfondare una barriera fino a quel momento insormontabile, quella dei sei metri.

un giovanissimo Bubka

un giovanissimo Bubka

 

Successe la prima volta a Parigi, il 13 luglio 1985. Proprio nella Ville Lumière, la città «dove tutti vogliono essere attori e nessuno spettatore», Bubka mise in scena il suo spettacolo più importante. Insieme al muro dei sei metri, crollano tutte le certezze che avevano contraddistinto per decenni quella specialità così affascinante e che lui avrebbe ridisegnato secondo i suoi standard. A renderlo speciale rispetto agli avversari erano la velocità e la forza fisica, due aspetti che da sempre hanno caratterizzato il suo stile permettendogli di usare aste più lunghe in grado di garantirgli un migliore effetto catapulta. Ad ogni meeting, mondiale o europeo che fosse, gli occhi erano tutti per Bubka, per quel fenomeno che aveva stupito il pubblico con misure impossibili.

Come un attore

Sì perchè la gente non si accontentava più della vittoria e dava per scontato che fosse lui a salire sul gradino più alto del podio. Come un attore di Broadway, aveva abituato gli spettatori a performance memorabili e ogni ripetizione doveva essere degna della prima assoluta. Il boicottaggio dell’Unione Sovietica a Los Angeles 1984 lo costrinse a rimandare l’appuntamento coi Giochi di altri quattro anni e quando superò i 6,06 m a Nizza pochi mesi prima dell’Olimpiade di Seul 1988 l’attesa per la sua gara era alle stelle. In finale non deluse le aspettative vincendo l’oro, ma si fermò a 5,90 m mentre invece molti esperti avevano pronosticato la caduta di un altro limite, quello dei 6,10 m.

Strano il destino delle star: una prestazione al di sotto delle attese può suonare come una sconfitta e a volte l’oro non basta più. È la maledizione degli atleti costretti a stravincere sempre. Bubka lo sapeva e prima di ogni salto abbassava la testa ripetendo il suo leit motiv: «Bisogna saper tenere duro, soprattutto nelle avversità». Vitalij Petrov, suo mentore e allenatore, studiava a fondo ogni movimento per aiutarlo a migliorare, sicuro che il suo allievo avesse ancora molto da dare. Grande tecnica e metodicità furono le chiavi del suo successo e la sua progressione fu tale che nel 1991 arrivò addirittura due volte ai fatidici 6,10 m. Prima al coperto a San Sebastián in primavera, poi all’aperto a Malmoe in estate. Aveva toccato il cielo con un dito per ben due volte, eppure sarebbe passato dal paradiso all’inferno sportivo nel breve volgere di un anno.

la tipica rincorsa di Bubka

la tipica rincorsa di Bubka (© Getty Images)

 

Il 1992 fu infatti il suo annus horribilis e Bubka steccò l’appuntamento più importante, i Giochi di Barcellona. In finale sbagliò per ben due volte la misura iniziale di 5,70 m; per cercare di sbloccarsi provò direttamente il livello successivo a 5,75 m, ma un nuovo errore lo tolse subito dalla lotta per le medaglie. L’oro e l’argento andarono ai suoi connazionali Maksim Tarassov e Igor Trandekov, mentre sul terzo gradino salì l’idolo di casa Javier García. Per tutti gli appassionati fu però un podio impoverito a causa dell’assenza del re dell’asta.

Nuove responsabilità

Con la sconfitta in terra catalana aumentarono le voci che volevano Bubka avviato al tramonto. Alla soglia dei trent’anni, con medaglie d’oro e numerosi record mondiali in bacheca, l’epoca del campione ucraino sembrava finita e tutti si guardavano attorno alla ricerca di un possibile erede. Ancora una volta l’Olimpiade fu il punto di svolta della sua carriera. Anziché segnare il tracollo definitivo, i Giochi di Barcellona gli diedero lo stimolo per rilanciarsi nuovamente. Tra il ’93 e il ’97 arrivarono ben quattro titoli mondiali (tre all’aperto e uno indoor) e soprattutto due record del mondo. Nel ’93, in un meeting al chiuso nella sua Donetsk, arrivò a 6,15 m mentre l’anno successivo, il 31 luglio al Sestriere, fece segnare quel 6,14 m che resiste ancora oggi come miglior prestazione all-time all’aperto.

Bubka oggi (© AP)

Serhij Bubka oggi (© AP)

 

L’acuto segnò l’ultima parte della sua storia di atleta, che formalmente si concluse nell’estate 2000 ai Giochi di Sydney. Ancora una volta i cinque cerchi furono amari per lui e Bubka decise di ritirarsi per concentrarsi sulla politica. Nel giro di un anno divenne vice-presidente della IAAF, la federazione mondiale di atletica leggera, e nel 2002 fece il suo ingresso nel Parlamento ucraino.

Tolti i panni dell’atleta, Bubka sente comunque di poter dare ancora un contributo importante al mondo dello sport e a quasi cinquant’anni non ha paura di affrontare nuove sfide. Dopo aver fatto di sé stesso l’avversario da battere per tutta la carriera oltre che il riferimento per una disciplina intera, e dopo aver toccato vette inarrivabili per la maggior parte dei suoi avversari, continua a guardare oltre, esempio perfetto di un campione assoluto che non smette di esserlo neppure una volta sceso dalla pedana.

Roberto Dalla Bella
© Riproduzione Riservata

 

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