Manuela Merlo

Manuela Merlo

Manuela Merlo

 

La mia Scarpa d’Oro

Una proposta lanciata per caso attorno al tavolo di un ristorante in una pigra giornata di marzo. Un’idea venuta così, senza troppo pensare; nessuno poteva immaginare in quel momento che ad oltre trent’anni di distanza se ne sarebbe parlato ancora. Nacque dall’ispirazione improvvisa del giornalista sportivo Gianni Merlo l’iniziativa della Scarpa d’Oro, in un modo curioso e avvincente che contribuisce ad accentuare il fascino di una storia da tramandare. Attorno a quel tavolo Dante e Gianni Merlo conversavano con Sebastian Coe, mezzofondista britannico, elogiandone i recenti successi e incoraggiandone i futuri obbiettivi. La carriera del baronetto di Ranmore era agli albori, ma si preannunciava tutta in ascesa, anche se ancora priva della conferma delle quattro medaglie olimpiche che presto avrebbe conquistato. La preoccupazione dell’atleta, quel giorno, era di tutt’altro genere: avrebbe dovuto gareggiare alla “Cinque Mulini” di San Vittore Olona, la prova risultava imminente e il tempo per allenarsi scarso. Aveva bisogno di esercizio, di stimoli per correre. Insomma, ci voleva una gara. Possibilmente di sette chilometri. Sollevò lo sguardo verso i suoi commensali domandando speranzoso se ce ne fosse una da quelle parti.
A quella richiesta Gianni Merlo, prestigiosa firma della Gazzetta dello Sport, non si tirò indietro:
«Una c’è, proprio di 7 chilometri, a Vigevano. Te la organizziamo noi il giorno di Pasquetta».

Detto, fatto. All’alba del giorno stabilito il percorso era pronto, predisposto su misura perché non nuocesse al fisico del campione inglese. Di quella prima edizione a lui esclusivamente dedicata, neanche a dirlo, Sebastian Coe fu il trionfatore indiscusso. Raggiunse il traguardo con un tempo di 20’59”8, ad accoglierlo a Piazza Bramante una folla di gente festosa. Sicuramente la metà di quanti lo acclamarono pochi mesi dopo quando replicò il successo all’Olimpiade di Mosca, ma quel che è certo è che di Vigevano Sebastian Coe non si dimenticò. Tornò puntuale anche gli anni successivi per correre quella che era diventata, a tutti gli effetti, una tradizione. Da quel lontano marzo 1980 la Scarpa d’Oro si è confermata come il marchio distintivo di Vigevano, un punto d’attrazione per gli atleti di tutto il mondo.

A raccoglierne l’eredità oggi è Manuela Merlo, la figlia di Gianni. Non poteva che essere lei la persona più indicata per il passaggio di testimone. Con una laurea in economia di impresa all’Università Cattolica di Milano si è assunta la responsabilità di rinnovare la manifestazione per tenerla al passo coi tempi:

«Negli anni abbiamo dovuto affrontare diversi cambiamenti», racconta Manuela a Storie di Sport «primo fra tutti il fatto che molti atleti forti, come Genny Di Napoli e Paul Tergat, si ritirarono dalle competizioni. Fino al 2006 la maratona era sempre stata riservata ad atleti d’élite, di livello internazionale, in quel periodo ci siamo resi conto che la Scarpa d’Oro aveva perso i suoi protagonisti. Serviva un nuovo piano d’azione che avesse una visione a lungo raggio, in modo da ammortizzare i costi e garantire più partecipazione. L’idea finale è nata da me, naturalmente all’inizio l’ho proposta come un esperimento. Così nel 2006 abbiamo affiancato alla Scarpa d’Oro Internazionale l’edizione zero della Scarpa d’Oro Half Marathon. La mezza maratona è diventata la nostra nuova creatura e, visti i risultati soddisfacenti, ha soppiantato la versione precedente».

Cosa rende il percorso della maratona così unico? Se ha attratto negli anni un pubblico tanto vasto deve sicuramente esserci una particolarità che conquista gli atleti.

«La corsa è molto spettacolare, attraversa il cuore della città e le vie del centro storico. Si parte dallo Stadio “Dante Merlo” e si percorre Piazza Ducale per poi proseguire nei vari ambienti del Castello Sforzesco. Usciti dal centro cittadino il percorso si immerge in aperta campagna tra le risaie della Lomellina e le antiche cascine della zona. Le strade sono asfaltate e scorrevoli, garantiscono un’ottima prestazione agli atleti. Tutte queste caratteristiche rendono la Scarpa d’Oro una maratona unica nel suo genere e sicuramente creano la combinazione vincente per una manifestazione riuscita».

Manuela premia il vincitore

Manuela premia il vincitore

 

Nel 2011 alla Scarpa d’Oro Half Marathon si sono affiancate altre due tipologie di gare non competitive: la Scarpa d’Oro in Rosa e la Scarpa d’Oro Stracittadina. Com’è nata l’idea di istituire queste nuove maratone? Qual è il loro scopo?

«Si tratta di corse promozionali, volte ad avvicinare il maggior numero di persone al mondo dell’atletica. Una maratona di 5 chilometri permette di attrarre la gente anche alle prime armi, che non si definisce propriamente sportiva. Questo ci consente di valorizzare la corsa come attività in grado di portare benessere e, allo stesso tempo, di coinvolgere gran parte della popolazione. La Scarpa d’Oro in Rosa è riservata alle donne dai tredici anni in su, mentre la Stracittadina è solo per gli uomini. Così ognuno può misurare le proprie capacità e scoprirne anche i limiti. Possiamo dire di aver centrato l’obbiettivo, ho notato che molte persone iniziano con queste maratone più leggere per poi appassionarsi e gareggiare nella mezza maratona. Ormai quest’attività inizia a contagiare i vigevanesi e non solo». 

Interessante è anche la maratona riservata alle persone disabili, la Scarpa d’Oro Ability, introdotta grazie alla collaborazione dell’atleta paralimpica Giusy Versace. Si può dire che ha apportato un cambiamento nel modo di vedere la disabilità?

«L’idea di istituire questa maratona è nata proprio da Giusy. Lei si allena all’atletica vigevano da più di quattro anni, ormai per tutti noi è diventata una cara amica. Giusy ha partecipato come madrina alla prima edizione della Scarpa d’Oro in Rosa e, proprio perché lei è un vulcano di idee, l’anno dopo ha lanciato questa proposta che è stata subito accolta da tutti ben volentieri. Non saprei dire se questa iniziativa ha modificato il punto di vista delle persone sulla disabilità, so per certo, però, che è in grado di donare una giornata diversa a molti ragazzi che vivono negli ambienti stretti, alienanti delle case di cura. Per noi è una soddisfazione poter regalare momenti di serenità. Per questi ragazzi la maratona diventa un’occasione per trascorrere il tempo in modo diverso, stare all’aria aperta e divertirsi».

Il logo della Scarpa d'Oro

Il logo della Scarpa d’Oro

 

Negli anni si sono succeduti numerosi vincitori, innumerevoli atleti hanno attraversato le vie della città. Qualcuno ha lasciato un’impronta più significativa di altri?

«Di episodi memorabili certo ce ne sono stati parecchi. Io ricordo soprattutto gli anni della Scarpa d’Oro Internazionale, quando gli atleti che facevano la storia dello sport mondiale attraversavano le strade di Vigevano. Erano tutti campioni olimpici e gareggiavano con la competizione nel sangue, di conseguenza le sfide si vivevano davvero al cardiopalmo. Fu così quando venne Steve Ovett, rivale storico di Sebastian Coe, che naturalmente vinse e poté vantarsi di aver ripetuto le gesta del suo avversario numero uno. Indimenticabile anche la partecipazione di John Ngugi, atleta keniano vincitore di un oro olimpico nei 1500 metri, che sfilò per il centro storico vestito da Ludovico Il Moro per omaggiare il palio medioevale. Fu un momento buffo e allo stesso tempo solenne. In ultimo non posso che ricordare le numerose vittorie di Genny Di Napoli che con la sua assiduità detenne il record di maggiori presenze alla maratona. Il fatto curioso è che Di Napoli vinse la sua prima gara quando nessuno se lo sarebbe aspettato, non era nemmeno tra i favoriti, eppure sotto una pioggia battente sbaragliò la concorrenza».

Il tuo punto di vista come atleta avrà giocato un ruolo fondamentale anche nel ruolo di responsabile organizzativo. Come ti sei avvicinata allo sport?

«Credo che ad aiutarmi a sostenere questo progetto non siano tanto i miei trascorsi come atleta, ma la mia esperienza nel campo del management a livello lavorativo. In passato mi sono occupata di altri eventi come la Stramilano e sicuramente mi è stato molto utile per imparare a destreggiarmi nell’ambiente. L’atletica per me è stata una grande passione iniziata per caso. Da bambina frequentavo corsi di danza, l’idea di correre non mi sfiorava minimamente, poi a undici anni partecipai ad una gara scolastica e, senza nemmeno rendermene conto, mi ritrovai finalista alle fasi provinciali. Volevo fare bella figura a tutti i costi, così cominciai ad allenarmi e il resto venne da sé: iniziai a vincere, a capire di essere brava. L’anno dopo lasciai danza senza rimpianti per dedicarmi solo all’atletica. La competizione delle gare individuali mi aveva letteralmente travolta, la passione venne di conseguenza, vittoria dopo vittoria. Col tempo ho raccolto le mie soddisfazioni, vincendo due titoli lombardi e conquistando il sesto posto ai campionati nazionali. Correvo come quattrocentista, specializzata nel giro pista. Quelli furono gli anni dei sogni ad occhi aperti, poi, crescendo ho dovuto realizzare che certi ritmi di allenamento erano difficili da conciliare con il lavoro e ho preso un’altra strada. Ho ridimensionato un po’ le aspettative, comunque l’atletica occupa sempre un posto importante nella mia vita».

Manuela Merlo promuove la manifestazione

Manuela Merlo promuove la manifestazione

 

Nel 2009 hai partecipato alla sesta edizione della corsa per la pace dedicata a Papa Giovanni Paolo II. Il percorso della maratona congiungeva Betlemme a Gerusalemme con lo scopo di avvicinare israeliani e palestinesi. Cosa ricordi di quell’esperienza?

«È stata un’esperienza magica, vissuta profondamente e intensamente. Ero presente in una doppia veste: come sportiva e per motivi di lavoro, infatti in quel periodo curavo la comunicazione del Csi (Centro Sportivo Italiano). Il significato spirituale dell’iniziativa era molto forte, abbiamo cercato di portare un segnale di pace in un angolo di mondo dove da anni si combatte. Il percorso della maratona attraversava il muro che divideva i territori contesi, un tracciato simbolico molto significativo. Accanto a me correvano celebri sportivi italiani, come Giovanna Trillini, Andrea Giorgi e molti altri. Trovarmi al loro fianco è stato un onore per me».

Quali saranno i prossimi obbiettivi della Scarpa d’Oro?

«Sono abituata a non prefiggermi scadenze o obbiettivi a lungo termine, è proprio nella mia indole vivere giorno per giorno. L’anno scorso abbiamo inaugurato la Scarpa d’Oro di Babbo Natale, ed è stata un successo. Ho iniziato ad organizzare la manifestazione a settembre e il ventun dicembre c’erano oltre mille Babbi Natale pronti ai blocchi di partenza. Lo scopo dell’iniziativa era avvicinare le famiglie e i bambini alla corsa, riunire persone di qualunque età in nome della solidarietà. Motivo per cui abbiamo deciso di devolvere il ricavato all’associazione Madre Amabile che da anni si occupa di disagio minorile. Il nostro slogan per l’occasione è stato “Prima di correre a fare i regali di Natale, corri con noi per una buona causa!”. Proseguiremo sulla stessa lunghezza d’onda anche per i futuri progetti, di qualunque genere saranno».  

Correre non per la vittoria, ma per un motivo. Oltre al suo indubbio valore sportivo, la Scarpa d’Oro ha il meritevole scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto ai diversi problemi sociali. Tramite la corsa sono stati trattati temi come la disabilità, la violenza sulle donne, la tutela dell’infanzia, rendendo la maratona un’occasione di ritrovo sociale per trasmettere un messaggio. Il 15 marzo prenderà il via dallo Stadio “Dante Merlo” l’edizione 2015 della Scarpa d’Oro Half Marathon: chi sarà il vincitore è una scommessa aperta. Le strade della città si animeranno ancora delle imprese di innumerevoli atleti proprio come in quella giornata di marzo di trentacinque anni fa. Oltre il motto «Vigevano ha la Scarpa nel cuore», c’è la realtà di un’organizzazione impeccabile, di un solido sistema di valori che ha portato lo sport dritto nei cuori della gente.
Che la gara abbia inizio.

Alice Figini
© Riproduzione Riservata

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