Elisabetta Sancassani

Elisabetta Sancassani

Elisabetta Sancassani

 

Scrivere la storia

C’è una donna in Italia che sta, da quindici anni a questa parte, scrivendo la storia del canottaggio femminile.
Elisabetta “Betta” Sancassani mai avrebbe pensato all’inizio della sua carriera, di poter, un giorno, aggiornarne tutti i record.
Classe ’83, la Betta è sorella d’arte. Suo fratello Franco, di nove anni più grande, è infatti stato anch’egli canottiere di grande successo. Di lui ricordiamo soprattutto il quarto posto all’Olimpiade di Sidney del 2000, in cui, per pochi decimi, non riuscì a mettersi al collo la medaglia di bronzo nel quattro senza pesi leggeri.
Come tutti i fratelli maggiori , Franco, è la persona da emulare, il modello da seguire. In ambito sportivo è quello da cui carpire i segreti per raggiungere il successo.
«La cosa più importante che mio fratello mi ha insegnato è stata quella di affrontare la vita con il sorriso. Di gioire nella giusta misura e di non abbattersi nelle difficoltà. Cercare di sdrammatizzare i momenti negativi cercando di essere sempre positivi e solari». «Questo atteggiamento nei confronti della vita mi ha aiutato tantissimo nel canottaggio. I nostri allenamenti sono duri e faticosi, gli inverni lunghi e freddi ed i momenti di stanchezza e sconforto sono tanti. Se avessi ancora il caratteraccio che avevo da ragazzina non avrei sopportato tutto questo. Da Franco ho capito l’importanza della leggerezza, di non prendersi troppo sul serio».
Ed è contagioso. Ogni volta che incontri la Betta, ti accoglie con il sorriso. Con la bontà d’animo, che solo le persone sincere e di cuore hanno, ti trasmette serenità e la giornata prende una piega positiva.

Si scrive la Storia – Senior

Ed è una ricetta vincente.
La prima volta che le campane della chiesa di Visgnola, frazione di Bellagio, dove la Betta abita ed i genitori, insieme all’altro fratello Cesare, hanno una pasticceria di successo, suonarono a festa, era il 2002.
Insieme a Gabriella Bascelli, sudafricana naturalizzata italiana, prima vince il Mondiale under 23, poi arriva terza ai Mondiali assoluti nel doppio senior. Mai nessuna donna era riuscita prima di allora a prendere una medaglia ai Mondiali in specialità olimpica in questa categoria. A Siviglia, la Betta, incomincia a scrivere nuove pagine per il canottaggio femminile.
Una medaglia di bronzo che l’anno dopo, ai Mondiali di Milano, diventa un quinto posto che vuol dire qualificazione all’Olimpiade di Atene 2004.
Per la prima volta il doppio femminile italiano partecipa alle Olimpiadi.
Ad Atene è dura. Le migliori vogatrici del mondo si scontrano per salire sul gradino più alto del podio, per tramutare in realtà un sogno lungo quattro anni. La Betta e la Bascelli pagano l’inesperienza delle debuttanti, oltre al fatto che l’intera squadra azzurra non arriva all’appuntamento nelle migliori condizioni fisiche.
Un ottavo posto che sa di punto di partenza per gli anni a venire. Un’esperienza in cui si rende conto che per i sogni di gloria olimpici la strada è ancora lunga e tortuosa.
Ma la Betta è una che non molla, che persevera. Il canottaggio ce l’ha nel sangue, nel DNA.

Sancassani e Bascelli

Sancassani e Bascelli

 

Cambia compagna di barca. Al posto della Bascelli, sale Laura Schiavone. Un giovane talento di Salerno con cui inizia la rincorsa a Pechino 2008. Nel 2005 rivince il titolo mondiale under 23.
Il 2007 ri rivela essere una anno molto importante per la Betta. Qualifica il doppio all’Olimpiade cinese strappando il pass ai Mondiali di Monaco di Baviera agguantando con i denti il settimo posto che vuol dire qualificazione diretta, ma sopratttutto viene accolta dal Gruppo sportivo delle Fiamme Gialle della Guardia di Finanza come sua nuova atleta.
Il passaggio dalla Canottieri Bellagina, società che l’ha vista crescere e diventare campionessa, alle Fiamme Gialle le dona sia la tranquillità economica sia la responsabilità di dover ricambiare la fiducia accordatale.
L’Olimpiade di Pechino, però, è un fallimento. Il decimo posto finale non accontenta nessuno e in Betta inizia a farsi largo la consapevolezza che battagliare con le donne anglosassoni e tedesche sia una lotta ad armi impari. Lei, ragazza longilinea, un metro e settantasei centimetri per settantacinque chilogrammi deve vedersela come minimo con ragazzone di un metro e novanta centimetri per ottantacinque chilogrammi. Il miglior gesto tecnico non sembra più essere sufficiente per competere ad alti livelli.
Il 2009, anno post-olimpico, è all’insegna dell’innovazione. La Nazionale azzurra si rinnova. Il settore femminile ha un nuovo allenatore. Arriva l’olandese Josy Verdonkshot, allenatore delle fresche campionesse olimpiche a Pechino del doppio femminile pesi leggeri.
Sembra una nuova spinta motivazionale, cambiare per ritornare ad essere protagonisti. E sembra funzionare. Al Mondiale polacco di Poznan scende in acqua un quattro di coppia con Betta capovoga ed il quarto posto finale sembra presagire un buon futuro per questo equipaggio in vista di Londra 2012.
Ma le ambizioni di gloria finiscono presto, complici un mal di schiena molto fastidioso che non la fa allenare come dovrebbe e vorrebbe e molto più importante, il papà della Betta, a cui è molto legata, si ammala.

Tempo di riflettere

Il 2010 ci sono i Mondiali in Nuova Zelanda. Il Lake Karapiro fa da cornice ad un Mondiale agli antipodi. Oltre all’importanza di gareggiare si dovrebbe respirare l’eccitazione di essere dall’altra parte del mondo. Si dovrebbe, perché la Betta ha la testa a casa. Per non stravolgere la routine al papà malato, partecipa lo stesso, in accordo con la Federazione, le Fiamme Gialle e la sua famiglia alla rassegna iridata in doppio senza alcuna velleità di medaglia. Per stare vicino al papà le è concesso di allenarsi vicino a casa nel periodo antecedente la trasferta neozelandese.
Il papà peggiora, la Betta partecipa ai Mondiali del 2011 in cui prova a qualificare il quattro di coppia alle Olimpiadi di Londra senza però riuscirci.
Non ha più stimoli, nessuna motivazione ad andare avanti in uno sport che negli ultimi anni non ha più praticato, ma sopportato.
Nel novembre 2011 il papà della Betta passa a miglior vita. E lei è a un bivio. Smettere o continuare.
Cambiare vita o insistere nei suoi sogni di gloria. Insistere in ciò che ha sempre fatto.
È ad un passo dall’ appendere i remi al chiodo, ma il suo senso del dovere ed il suo senso di responsabilità hanno la meglio.
Al funerale del padre la Guardia di Finanzia manda in rappresentanza due finanzieri della caserma di Erba ed in Betta scatta qualcosa «vederli mi ha fatto capire quanto fossi in debito con la Guardia di Finanza. Mi sono resa conto che dovevo ripagarli della loro fiducia e che inconsciamente sapevo che il tempo di smettere non era ancora arrivato». «In quel momento ho capito cosa realmente volessi. Per la Finanza, per mio padre e per me stessa». «E poi mi sono ricordata di cosa mi scrisse mio fratello Franco, in uno dei suoi rari biglietti di auguri per il mio compleanno dei 14 anni: “se qualcosa nella vita ti farà soffrire cerca sempre il lato positivo e fanne tesoro“. Per me queste parole sono sempre state un esempio e in qualche modo, talvolta barcollando, ho cercato dove farle mie».

Si scrive la Storia – Pesi leggeri

Il canottaggio è l’unico sport dove non c’è contatto fisico in cui esistono le categorie di peso.
Fare il peso leggero vuol dire, per una donna, pesare al massimo cinquantanove chilogrammi. E la media barca deve essere cinquantasette chilogrammi.
La Betta ha una folle idea. Diventa peso leggero. Dopo le sofferenze emotive per la perdita del padre le mancano solo dieci chilogrammi per rientrare nella categoria. Con i consigli del fratello Franco, che per tutta la carriera sportiva è stato un peso leggero, e con l’aiuto della Enervit, che la segue nella dieta, ci riesce.
Nel 2012 affronta il Mondiale delle specialità non olimpiche con un altro spirito. Le sembra di ricominciare da zero. Si mette alla prova in una nuova categoria. E i risulati sono promettenti. Con pochi mesi di preparazione ed ancora la fatica per scendere di peso sulle spalle arriva un settimo posto nel singolo pesi leggeri che la riempe di entusiasmo per la sua nuova vita sportiva.

il duo Sancasani-Milani

il duo Sancasani-Milani

 

Approfittando del fatto che gli Europei, quell’anno, siano dopo l’Olimpiade di Londra, prova immediatamente il valore del nuovo doppio pesi leggeri assemblato per l’occasione.
Insieme alla milanese Laura Milani, fanno saltare in piedi tutti gli addetti ai lavori. Vincono il titolo europeo annientando la Grecia, fresca medaglia di bronzo a Londra.
Il 2013 è l’anno della gloria. Laura e Betta entrano dalla porta principale nella storia del canottaggio e dello sport italiano.
Si riconfermano campionesse europee e al Mondiale sudcoreano stravincono il titolo iridato ridicolizzando le avversarie in una cavalcata trionfale senza precedenti.
«E pensare che volevo smettere. Per fortuna mio fratello mi ha incoraggiata in questa avventura. Senza pensarci troppo, quando gli ho detto che volevo fare la peso leggero, mi ha subito incoraggiata come solo lui sa fare. Mi disse che non avrei avuto nulla da perdere. All’inizio sia Josy, che Franco Cattaneo, il mio allenatore delle Fiamme Gialle, erano scettici, ma io ero convinta che fosse la scelta giusta per la mia carriera».

Amsterdam 2014

Il 2014 è carico di grandi aspettative. La Betta ne è a conoscenza. Ma ormai con la sua pluriennale esperienza sa gestire i momenti delicati che si presentano durante la stagione.
Nonostante un inverno ricco di infortuni più o meno gravi, si presentano agli Europei con i favori del pronostico. Il terzo titolo continentale consecutivo è il più difficile da conquistare.
Vincono in rimonta. Dopo essere rimaste indietro in partenza, con i denti si vanno a prendere ciò che è già loro.
La Coppa del Mondo di Lucerna di luglio è un buon banco di prova in vista del Mondiale di fine agosto in terra olandese. Arrivano quarte. Per la prima volta da quando fanno il doppio scendono dal podio. Vince l’Inghilterra davanti all’Australia. E sul finale vengono passate anche dalle canadesi. Tutte nazioni che l’anno prima in Sud Corea non erano presenti.
«Siamo molto consapevoli che vincere ancora sarà molto più dura rispetto a prima, ma siamo ancor più consapevoli dei nostri mezzi, delle nostre potenzialità. Lucerna è stata amara, ma sappiamo che ci siamo arrivate non in perfetta forma. In ogni caso perdere non fa mai piacere. Ora più che mai siamo cariche e piene di rabbia, con tanta voglia di riscattarci ai Mondiali. Una volta entrate in finale, può succedere di tutto».

Edoardo Verzotti
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