Il Nettuno

il Nettuno BC nel 1948

il Nettuno BC nel 1948 (© FIBS)

 

La culla del baseball italiano

Settant’anni fa si fece la storia. Non solo quella dell’Italia liberata, ma anche quella di uno sport.
È il 1944: un paese lontano settemila chilometri, gli Stati Uniti, porta il suo contributo nella lotta al nazifascismo inviando le sue truppe in Europa. Una grande nazione, forse un po’ acerba, sicuramente potente e intrisa di  tradizioni, usi e costumi  lontani dall’immaginario degli italiani e degli europei dell’epoca. Gli yankee sbarcano in Normandia, in Sicilia ed ad Anzio e Nettuno. Qui, in particolare, oltre alla libertà portano una cosa in più: il baseball.
«Ci chiedevamo se combattessero la guerra con le armi, o con i bastoni e le palline». È difficile trovare parole più significative di quelle di Rolando Belleudi, per tutti i nettunesi Il Cittadino, riportate nel libro I nove uomini d’oro di Mauro Cugola (Viola Editore). Il 22 gennaio del 1944 Rolando è un ragazzo che, come tanti a Nettuno, vive, anzi, sopravvive alla miseria e alle disgrazie della guerra. Belleudi, scomparso nel 2012, è il simbolo più significativo del baseball a Nettuno e, forse, in Italia. La cosa straordinaria è che quest’uomo non ha mai giocato in vita sua, né allenato, nemmeno a livello giovanile. Ha iniziato spiando gli americani, da poco sbarcati sulle coste della sua città, praticare nei loro accampamenti questo sport bizzarro, ai più incomprensibile, in cui bisogna battere una pallina con un bastone di legno. Belleudi vede giocare questi yankee con quella gioia e spensieratezza che da troppo tempo il popolo nettunese non assapora più. Quello sport è ciò che ci vuole per la sua Nettuno.

soldati USA in pausa baseball

soldati USA in pausa… baseball (© Comune di Nettuno)

 

La storia di Rolando Belleudi racchiude la storia di una città e di uno sport. Per lui e per tutti i suoi concittadini il Grande Sbarco Alleato coincide con la scoperta – e il conseguente innamoramento – del gioco del baseball. Rolando, infatti, accompagnerà per tutta la vita il Nettuno Baseball, seguendo ogni sua partita, portando mazze, palline e guantoni, restando vicino a ogni giocatore che abbia calcato il diamante da gioco nettunese.

Comincia l’avventura

L’avventura comincia nel  1947, quando Alberto Fasano, un ufficiale di polizia della locale caserma di P.S., mette in piedi la prima squadra italiana di sempre. Più che si baseball, però, in questo caso bisogna parlare di softball (la differenza più grande tra le due discipline sta nella modalità di lancio). Dalla squadra di Fasano nasce in seguito la Libertas Nettuno, una formazione con soli giocatori nettunesi che cambia successivamente nome in USMC Nettuno. È questa la denominazione con cui partecipa al primo campionato italiano ufficiale di softball, organizzato dalla neonata LIS (Lega Italiana Softball), messa in piedi, nello stesso anno, da Guido Graziani, un grande dirigente sportivo appassionato di sport americani.

Il primo campo del Nettuno (© Archivio FIBS)

Il primo campo del Nettuno (© FIBS)

 

L’anno successivo arriva anche il primo titolo, sotto la guida tecnica del tenente Charles Butte. La storia d’amore è iniziata con un colpo di fulmine, ma il matrimonio “s’ha da fare ancora”. Partita dopo partita le tribune del Borghese, infatti, sono sempre più gremite. Per i nettunesi la  squadra rappresenta la vera evasione dopo gli anni della guerra e non c’è nulla di più bello per della gente che ha perso praticamente tutto vedere i propri beniamini giocare e vincere.
Anche il nord Italia, intanto, scopre il baseball. Il merito va dato a Max Ott, corrispondente del New York Times che, allo scoppio della seconda guerra mondiale, si rifugia in Val d’Aosta. Qui si aggrega con i partigiani e nel 1945 entra con loro a Milano.
Dopo la Liberazione Ott si mette ad arbitrare le partite dei militari americani di stanza a Milano e, visto l’interesse di molti italiani verso questo sport, nel 1948 fonda la LIB (Lega Italiana Baseball). Il primo campionato, disputato nello stesso anno, è vinto dalla Libertas Bologna in un torneo a cinque contro Yankees Milano, Leo Milano, Milano Bc e Indians Milano.
La LIS, intanto, si è rapidamente allargata fino a contare addirittura ottantaquattro squadre, tutte appartenenti al Centro e al Sud Italia. Quasi in contemporanea (il 13 dicembre 1948) il principe Steno Borghese, che sarà legatissimo alle sorti del Nettuno Baseball – tanto da dare il suo nome al suo stadio -, fonda una seconda lega di baseball, la AIB (Associazione Italiana Baseball), localizzata nel centro Italia. Solo due giorni dopo, però, il Principe decide di unificare AIB e la LIS creando così la FIBS, Federazione Italiana Baseball e Softball.
Si fa subito avanti l’idea di unire LIB e FIBS, anche se l’ipotesi trova contrario Ott che si dimette per protesta da presidente della LIB. L’unione, però, è inevitabile. L’anno successivo, infatti, Borghese trova l’accordo con il nuovo presidente, Bruno Beneck: nasce così la FIPAB (Federazione Italiana Palla Base) che, dall’anno successivo, dà il via al primo, vero, campionato italiano di baseball.

Un decennio trionfale

A Nettuno, intanto, la storia d’amore tra la città e il baseball convoglia a giuste nozze. A celebrarle è il generale americano Horace McGarity, detto Il mago. Già dalla prima stagione, infatti, la squadra laziale, nonostante arrivi dal softball, strappa complimenti e applausi tanto da competere immediatamente per il tricolore. È il preludio al dominio anche di questa disciplina. Nel 1951, infatti, arriva il primo scudetto, trionfo replicato nei tre anni successivi, sempre con McGarity in panchina. Alla fine degli anni Cinquanta saranno sette i titoli del Nettuno ottenuti in dieci campionati. La storia del Nettuno Baseball, non solo è iniziata, ma vive di luce propria.

il Nettuno negli anni Cinquanta (© FIBS)

il Nettuno negli anni Cinquanta (© FIBS)

 

In questo decennio la punta di diamante è rappresentata dagli anni 1952 e 1953, anche se per motivi diversi. Nel 1952 sono le statistiche a far entrare Nettuno nella storia. È l’anno degli Invincibili, come li definisce  Mauro Cugola, per la straordinaria striscia di trentadue vittorie consecutive. Il 1953 è segnato, invece, da una pagina più glamour che sportiva. A Nettuno arriva infatti uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi: Joe DiMaggio. Qui la storia si trasforma in leggenda. I racconti popolari raccontano di un duello faccia a faccia con il lanciatore nettunese Carlo Tagliaboschi. Due lanci, due strike per Tagliaboschi. A quel punto, a metà tra lo stupito e il divertito, Joe DiMaggio si tira su le maniche della camicia e invita Tagliaboschi a lanciare ancora. E qui comincia un’altra storia: il fuoriclasse americano spara infatti fuori dal campo tutti i successivi lanci di Tagliaboschi. Dell’ultimo, addirittura, si dice che la pallina venga scagliata con così tanta violenza che supera la recinzione, va in strada e non viene mai più ritrovata.
Il 1952, comunque, è un anno fondamentale per il baseball, non solo a Nettuno, ma in tutta Europa. Dopo vari tentativi di dialogo con il CONI, infatti, il Principe Borghese decide che è ora che il baseball  sbarchi in tutto il continente. Il 31 agosto viene così organizzato a Roma, allo stadio Flaminio, il primo incontro a livello internazionale. Sugli spalti sono presenti dodicimila persone con, in prima fila, l’attore americano Gregory Peck. Il match, per la cronaca, è Italia-Spagna. Tra gli azzurri, in particolare, ci sono Giulio Glorioso, forse il miglior lanciatore italiano di sempre e bandiera della squadra laziale negli anni Sessanta, e  il nettunese Tonino Marcucci, formidabile ricevitore.

Gregory Peck in tribuna al Flaminio

Gregory Peck in tribuna al Flaminio (© Istituto Luce)

 

Troppo forte!

Un altro anno cardine di questo periodo d’oro è il 1958, anche se con un risvolto negativo. Il Nettuno è infatti reduce da sei titoli vinti in sette anni, così la FIPAB, per rendere il campionato più avvincente, s’inventa una norma che esclude dalla competizione nazionale le squadre laziali – Roma, Lazio, Nettuno e Universitas–, di gran lunga le più forti, confinandole in una competizione parallela denominata “Torneo d’oro” (che il Nettuno vince senza difficoltà). Una decisione che la dice lunga sulla forza di quella squadra e che rompe, di legge, quel meccanismo perfetto che l’aveva resa praticamente invincibile. In seguito la Federazione riconoscerà comunque al Nettuno il titolo italiano, anche se in coabitazione con il CUS Milano, vincitore del campionato ufficiale (a cui partecipano anche Inter, Firenze, Pirelli Milano, Calze Verdi Casalecchio, Robur Parma, ACLI Tigers e Fortitudo Parma).
Alla fine di quel magico decennio il Nettuno subisce un inevitabile ricambio generazionale, lasciando spazio a una nuova generazione di campioni del calibro di Enzo Masci (il giocatore più scudettato della storia del baseball Italiano), Bruno Laurenzi, Giorgio Costantini e il già citato Giulio Glorioso. Quest’ultimo, acquistato dai rivali della Lazio, trascina il Nettuno al successo del tricolore nel 1963, dopo cinque anni di astinenza.
Anche nel resto d’Italia, intanto, le squadre iniziano ad attrezzarsi per essere finalmente protagoniste. Il nuovo sport, infatti, attecchisce in diverse realtà regionali. A poco a poco diventano piazze importanti Bologna, Parma e Milano e l’intera Emilia Romagna (San Marino compresa), regione che inizia a sfornare squadre e giocatori sempre più forti. Basti pensare che oggi nel massimo campionato italiano le squadre di altre regioni si contano sulle dita di una mano: Grosseto, Padova e, appunto Nettuno.
In nessuna di queste formazioni, tuttavia, c’è una commistione così profonda tra squadra e spettatori come a Nettuno. La passione, qui, viene da dentro e ha radici storiche fortissime. Nel corso degli anni, infatti, la squadra laziale vive periodi di autentico dominio sia in Italia che in Europa. Pochi gli anni bui, come quelli tra il 1973 e il 1990 in cui non vince nemmeno un titolo.

Un nuovo ciclo

L’incubo termina il 4 novembre 1990 quando, nella finale scudetto Nettuno-Rimini, gara sette, una presa di Guglielmo Trinci completa l’ultimo out del match scaccia-maledizione. Da lì in poi si apre un altro ciclo d’oro, quello degli anni Novanta. Cinque titoli in undici anni e un numero impressionante di campioni che trovano la loro definitiva maturazione: Ruggero Bagialemani (tre Olimpiadi e recordman di tutti i tempi di presenze nella nazionale Italiana), Roberto De Franceschi (recordman di battute valide nella storia del baseball italiano con 1.548 valide davanti alle 1.338 di Bagialemani), il già citato Guglielmo Trinci, Marco Ubani, Massimiliano Masin, Alberto D’Auria, Valerio Mastrantonio, Marco Barboni, solo per citare alcuni giocatori nettunesi. Una menzione speciale la merita il lanciatore americano Bob Galasso, vero e proprio trascinatore del Nettuno e diventato un nettunese doc nella vita. Il ciclo si è concluso nel 2001 con l’ultimo scudetto vinto proprio ai danni del Rimini, quasi a voler chiudere un cerchio simbolico.
Negli ultimi anni la formazione laziale vive momenti di grande crisi, soprattutto a livello societario, tanto da rischiare addirittura la sparizione. E, tuttavia, niente potrà mai togliere a Nettuno l’appellativo di Città del Baseball perché qui, come da nessun’altra parte in Italia, il baseball è un qualcosa che scorre nel sangue di tutti i nettunesi.
Qualcosa che non potrà mai sparire.

Davide Bartolotta
© Riproduzione Riservata

 

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